Chi imbratta i muri li dovrà riverniciare «Se ci prendono...»
La norma che inasprisce le pene per chi imbratta i muri di beni pubblici, di beni artistici e di mezzi di trasporto (pubblici e privati) è una di quelle che non hanno bisogno dell’intesa Stato-Enti locali per partire: è una modifica dell’articolo 639 del Codice penale. Le pene raddoppiano: fino a due anni (e fino a quattro anni in caso di beni artistici o se il reato è reiterato), fino a ventimila euro. La novità è però il «ripristino», fatto direttamente dal colpevole, che può anche scegliere di pagare terzi o di svolgere attività «a favore della collettività» per un periodo non inferiore alla pena elevata. Ma è chiaro che, anche in questo caso, conta più il controllo che la sanzione. «Prima mi devono beccare in flagranza di reato, come avviene oggi, e questo come sappiamo non succede molto spesso» ribatte un writer che siamo riusciti a contattare. Ma anche sul ripristino, dà il suo punto di vista: «Il ripristino — spiega — di una parete imbrattata è un tema delicato, se non fatta da un professionista la ritinteggiatura può essere pessima, persino più dannosa di una scritta o un graffito. Il rimborso in alcuni casi è difficile, può avere costi altissimi. Per esempio, se qualcuno imbrattasse Palazzo Vecchio quanto arriverebbe a costare l’opera di ripulitura? I writer spesso sono ragazzi giovanissimi, non potrebbe permetterselo. Tra ripulitura e pagamento credo che molti sceglierebbero la prima, ma chi dovrebbe decidere, il soprintendente?». Forse però la paura della pena potrà scoraggiare soprattutto gli imbrattatori e basta.