«Trans-prostituta?» Il giudice finisce nel mirino del ministro
PRATO L’ispettorato del Ministero della Giustizia ha avviato degli accertamenti preliminari sulla vicenda della donna transessuale a cui un giudice del tribunale di Prato ha chiesto, durante un’udienza per il cambio del nome, se fosse una prostituta. L’interessamento del dicastero guidato da Andrea Orlando, riportato ieri da ilfattoquotidiano.it, fa seguito alla denuncia pubblica espressa dalle avvocate della donna, Cathy La Torre e Cristina Polimeno della rete GayLex. «Siamo a conoscenza di questa intenzione da parte del Ministero», affermano le due legali. «Bene la richiesta di chiarezza, ma noi procederemo comunque con un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura, così come annunciato all’indomani dell’episodio». La donna lo scorso mercoledì è stata ricevuta in udienza da un collegio di tre giudici per la richiesta del cambio di nome e genere sull’identità anagrafica. Marta (nome di fantasia, ndr), attende da 13 anni questo passaggio, dopo che già un giudice ha certificato la sua disforia di genere. Quella di mercoledì per lei è stata una doccia gelata: «Il giudice ha chiesto prima alla mia assistita se lavorasse — racconta l’avvocato Polimeno — lei ha risposto di essere disoccupata, perché con i documenti difformi dall’aspetto esteriore è praticamente impossibile trovare un lavoro. Il giudice le ha quindi chiesto: allora si prostituisce? E ha poi fatto mettere a verbale questa dichiarazione come se fosse stata resa spontaneamente». Per questo episodio, ribadisce La Torre, «faremo un esposto al Csm per incompatibilità e per verificare se ci sono profili disciplinari». Per quel che riguarda gli accertamenti del Ministero, aggiunge Polimeno, «mi rimetto alle valutazioni che vorranno fare gli ispettori. Da parte nostra siamo disponibili ad essere ascoltate sia dal Csm che dal Ministero». Sul caso interviene anche Regina Satariano, fondatrice del Consultorio Transgenere di Torre del Lago, attivista per i diritti delle persone trans e amica di Marta: «La conosco da anni, l’ho vista crescere», racconta. «Ci sono ancora troppi margini di discrezionalità in alcuni passaggi per il cambio di sesso. Quello che è successo a Marta mostra come ci sia bisogno di direttive chiare per tutti, anche se — conclude — non mancano sentenze al riguardo».