Apri il quadro e trovi un affresco
I dipinti nascosti e ritrovati
Dieci anni possono sembrare molti, ma non è così se stiamo parlando di un’impresa che ci restituisce affreschi trecenteschi considerati perduti. Contribuendo alla nostra conoscenza con alcuni degli studi più importanti degli ultimi anni sulla pittura medievale e del primo rinascimento e riconsegnandoci un’immagine inedita dello scrigno di capolavori che è Santa Maria Novella.
Ieri mattina sono stati presentati per la prima volta al pubblico gli affreschi ritrovati dietro alle cinquecentesche pale di altare, dal 2005 mosse per essere restaurate, scoprendo gli affreschi preesistenti. I ritrovamenti ci suggeriscono un’idea della basilica precedente all’intervento di Giorgio Vasari che, dal 1565, fu volto ad adeguare l’aspetto della Chiesa alle norme post-conciliari. Un aspetto, come sottolineano molti studiosi coinvolti, che doveva essere ben diverso. Per arrivare a tale risultato (i ritrovamenti proseguono) c’è voluta un’importante sinergia fra Comune, Ministero dei Beni culturali, università, e Fondo Edifici di Culto del ministero dell’interno. Prima dello svelamento dei ritrovamenti si è tenuta la presentazione di una raccolta di studi, curata da Anna Biseglia, responsabile del quartiere di Santa Maria Novella per la soprintendenza, che fa il punto sui risultati e le questioni ancora aperte. Edita da Mandragora e corredata da molte tavole, è dedicata a Luciano Bellosi, che per primo intuì l’importanza di ciò che si andava scoprendo e azzardò un’attribuzione confermata dalle indagini successive, Bruno di Giovanni. Lui e Stefano fiorentino sono le due personalità che più qui si delineano. Oltre all’affresco de L’Arcangelo Raffaele e Tobiolo tra San Rocco e Sant’Agostino, ritrovato sotto la tela di Jacopo Ligozzi nel sesto e ultimo altare della navata destra, ricondotto da Anna Padoa Rizzo al Botticini. Le tavole cinquecentesche sono state dotate di un complesso sistema di cerniere che permette di spostate il dipinto per svelare a comando i tesori sottostanti. Così, ci anticipa un soddisfattissimo padre Daniele Cara, responsabile dell’Opera di Santa Maria Novella, «si sta valutando di lasciare le cornici aperte qualche giorno a settimana, per consentire ai visitatori di godere dei ritrovamenti». Che a loro volta hanno consentito, attraverso ricerche di archivio, di identificare affreschi staccati, ora in altra sede, provenienti da Santa Maria Novella e che si cercherà di ricollocare in chiesa. Bruno di Giovanni è certamente la personalità che più si arricchisce. Prima era noto più per le sue burle e per essere amico di Buffalmacco. Ma Vasari stesso ne tesse le lodi, «e infatti coprendo il dipinto lo ha salvato», sottolinea Fulvio Cervino dell’università di Firenze (come è successo per la Trinità di Masaccio, ndr). I suoi Martiri tebani, commissionato da un militare, è quasi un inno alla produzione armigera fiorentina (tra le più importanti in Europa). «È un’opera splendente, rilucente di placche metalliche ammirata da Vasari». Secondo una consuetudine decorativa fino a ora ritenuta prettamente senese. Stefano fiorentino invece è l’artista erroneamente ritenuto a lungo nipote di Giotto. «Tutti questi artisti — prosegue Cervino — mostrano la consapevolezza che si poteva fare architettura anche con la pittura. La chiesa allora doveva essere molto più luminosa, decorata e colorata, una vera cattedrale gotica». «Doveva essere bellissima tutta affrescata», sospira padre Cara.
Padre Cara Si sta valutando l’ipotesi di lasciare le cornici aperte per qualche giorno ogni settimana, vorremmo consentire ai visitatori di godere di questi importanti capolavori rinvenuti