Chiese col ticket: chi si pente, chi no
Un dossier su «Avvenire» riapre il dibattito sui luoghi di culto e di arte Sanesi: necessario. Verdon: sentite come un museo, i fedeli si allontanano
Era il 2001 quando nella basilica fiorentina di Santa Maria Novella fu introdotto il biglietto di ingresso e da allora il mondo è cambiato ma il problema del ticket per le chiese resta. E resta anche dopo la nota della Conferenza Episcopale Italiana del 2012 che ribadiva la necessità della gratuità dei luoghi di culto come regola. Così martedì il quotidiano Avvenire ha pubblicato una pagina sul tema, dal titolo «Chiese col ticket, questione aperta».
Il biglietto è stato introdotto ovunque per garantire risorse per la manutenzione, i restauri, la valorizzazione delle opere sacre, i servizi di accoglienza e controllo, ma la chiusura ha significato spesso la musealizzazione delle chiese, anche se spazi per la preghiera sono sempre garantiti, il sentirle da parte dei fedeli meno «casa propria». Come ha spiegato lo stesso Verdon: «Negli anni ‘90 ho sostenuto la proposta dell’allora arcivescovo Silvano Piovanelli di mettere un biglietto in alcune chiese storiche e con questo si sono risolti i problemi di gestione, pulizia, sicurezza, ma queste chiese ormai vengono percepite come musei anche dai fedeli. Allora non lo avevamo capito. Ora si avverte questa barriera psicologica, manca la spontaneità dell’esperienza e della comunità». A Firenze si paga per visitare Santa Maria Novella (circa 600.000 ingressi l’anno), San Lorenzo e Santa Croce, mentre nel Duomo non c’è biglietto (i ticket sono per cupola, campanile e Battistero) a Pisa l’ingresso in cattedrale è libero proprio dal 2012 per seguire le indicazioni della Cei (ma per ragioni di sicurezza occorre passare dalla biglietteria o prenotare online e ritirare un tagliando di ingresso gratuito) e per gli altri monumenti ci sono vari tipi di biglietto e la manutenzione del grande complesso di piazza dei Miracoli è affidata alla Opera della Primaziale. A Siena si paga per l’ingresso in Duomo — ma non i senesi — mentre la preghiera è possibile sempre nella Cappella del Voto con un ingresso a parte.
L’Opera Medicea Laurenziana è nata con Regio Decreto il 2 settembre 1907 e cura un «condominio» che vede la Diocesi proprietaria della chiesa dei Medici e lo Stato di biblioteca e Cappelle Medicee e nel 2016 i biglietti sono stati oltre 200.000. Alla guida dell’Opera è appena arrivato l’ex prefetto Paolo Padoin — «affronto con entusiasmo questa nuova avventura, conoscevo già il quartiere, il retro della prefettura si affaccia sulla basilica, e proseguiremo in continuità l’opera del precedente consiglio» — e il presidente uscente Enrico Boci spiega: «Dopo la nota della Cei del 2012 ci siamo posti il problema del ticket e la risposta è che per tenere aperta la basilica e valorizzarla quelle risorse sono necessarie dato che non ce ne sono altre. Noi reinvestiamo tutti gli utili. Oggi la chiesa ha avuto importanti restauri, è gratuita per fiorentini e residenti in provincia e c’è uno spazio dentro la basilica per la preghiera. E dato che siamo parrocchia chiude ogni volta che c’è un matrimonio o un funerale; sono più i turisti che si lamentano perché la trovano chiusa che i fiorentini...». «I visitatori di Santa Croce permettono non solo il mantenimento di un complesso tanto importante ma sono il nuovo grande mecenate — sottolinea Irene Sanesi, presidente dell’Opera di Santa Croce — Il biglietto di ingresso per i visitatori significa anche “partecipazione” a un progetto che crea posti di lavoro, tramandando questo straordinario patrimonio alle generazioni future». A Siena, il complesso monumentale del Duomo è in capo all’Opera della Metropolitana e nel 2015 ha staccato oltre 2,2 milioni di biglietti, con un fatturato ipotizzato nel 2016 di 7 milioni di euro. «Un po’ di malumore esiste — chiarisce il rettore dell’Opera Metropolitana, Gian Franco Indrizzi — ma molti capiscono che si può elargire un contributo se è destinato al mantenimento del patrimonio. E la nostra missione è valorizzare e conservare un patrimonio che ci è affidato, da secoli, dalla comunità senese. E per fugare ogni dubbio basta dire che noi siamo autorizzati dall’arcivescovo».