Corriere Fiorentino

Con le erbe e col risotto: le seppie del Carnevale

- di Beatrice Fornaciari

VIAREGGIO Piatto della tradizione popolare viareggina, particolar­mente apprezzato in questo periodo invernale, le seppie con la bieta o bietola sono anche conosciute come «seppie in zimino». L’origine della ricetta, tipica dell’alta costa tirrenica, rimane incerta ma la mescolanza tra ingredient­i di mare e di terra conferisce a questa specialità un gusto unico. La parola «in zimino» in Toscana significa: «cotto con le erbe» ed è un termine che indica una preparazio­ne culinaria con verdure a foglia larga, spinaci o bietola appunto. Come etimologia potrebbe derivare potrebbe derivare da cumino o dall’arabo «asseminu», ossia «salsa densa». Fatto sta che Viareggio lo ha fatto proprio ed oggi è considerat­o un classico.

Proposto da molti ristoranti e trattorie è anche uno dei piatti simbolo del CarnevalDa­rsena il più conosciuto e partecipat­o rione mascherato notturno del Carnevale, con migliaia di persone per le strade del quartiere del porto e dei grandi cantieri navali. Nei cinque giorni (dal 24 al 28) della festa popolare, viene preparato nelle cucine all’aperto, quasi sempre nella sua variante di «risotto seppie e bieta» che prevede la stessa ricetta con la sola aggiunta del riso. Ed è proprio di fronte alle cucine del rione, sulla strada principale del quartiere, la via Coppino, che si trova il ristorante Da Miro - Alla lanterna, uno dei più rinomati ristoranti della Darsena viareggina e il più antico, aperto dal 1954. Il suo chef Riccardo Angeli ci spiega come per un piatto di seppie e bieta a regola d’arte servono, oltre ai due ingredient­i principali, pomodori pelati, aglio e pane per i crostoni e che al termine della preparazio­ne il piatto deve risultare «all’onda» o come si diceva una volta «al cucchiaio». «Una volta pulite si lasciano le seppie nell’abbattitor­e per un’ora circa — spiega — in modo da ammorbidir­le. L’antica ricetta vuole che il taglio del corpo sia in quattro parti e in due la testa; per la cottura si trita finemente l’aglio e insieme all’olio extravergi­ne e del peperoncin­o fresco si accende il fuoco a fiamma moderata, quando l’aglio inizia a scoppietta­re si mette la seppia e si fa andare lentamente in modo che perda acqua. Si preparano le bietole a pezzi di due o tre centimetri, si sciacquano e si fanno scolare. Poi si aggiungono alle seppie del vino bianco e le si fanno sfumare, dopodiché si aggiungono un paio di pomodori pelati schiacciat­i e un paio di cucchiai da cucina di acqua di pomodoro. Si ricopre con fumetto di pesce (brodo realizzato con gli scarti del pesce) e poi si aggiunge la bietola. Si copre con il coperchio e si lascia cuocere per quindici minuti regolando di sale». Il tocco finale prevede di grigliare il pane per servirlo insieme al piatto. Lo chef ci tiene anche a distinguer­e tra tipologie di seppie: «Meglio la seppia di sabbia, con pelle più chiara, che si trova vicino alla riva e rimane più morbida, piuttosto che quella nera».

Per Romano, una stella Michelin che brilla ininterrot­tamente da trent’anni e ha festeggiat­o il suo cinquanten­ario lo scorso anno, le seppie in zimino sono un piatto da scegliere perché stagionale e a chilometri zero. La chef Franca Checchi, moglie del titolare Romano Franceschi­ni, e il figlio Roberto ci raccontano con entusiasmo della riscoperta di questi piatti tradiziona­li e dell’ossessione per le materie prime, genuine e selezionat­issime. «Crediamo ancora nella scelta del pesce che facciamo recandoci al molo di Viareggio, dove attraccano i pescherecc­i di ritorno della pesca, tutte le mattine». Seppie con la bieta sì, ma con una preparazio­ne e una cottura particolar­e per i titolari del ristorante Il Buonumore: «Invece di partire dal consueto olio scaldato in padella su cui si posano le seppie per poi farle sfumare con vino e in un secondo momento aggiungere il brodo di pesce — spiega Simona Fantoni, la figlia di Amelio, il titolare — preferisco procedere con il processo inverso. Parto facendo cuocere le seppie nel brodo per mantenere intatte tutte le loro proprietà organolett­iche. Delle seppie utilizziam­o ogni parte e questo permette di dare molto sapore e al tempo stesso offrire una ricetta più light, rispetto a quella della nonna; nel risotto seppie e bieta il tocco in più è dato da delle seppioline crude tagliate finemente e cosparse sopra il piatto una volta ultimato».

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 ??  ?? Franca Checchi (Romano) e in alto il piatto del ristorante
Franca Checchi (Romano) e in alto il piatto del ristorante
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Riccardo Angeli (Da Miro Alla lanterna)

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