Il caffè di Giuliano
Lo scontro nel partito e le ricadute sulle amministrazioni toscane Consiglio regionale a rischio, a Lucca e Pistoia sinistra più forte
Nella settimana più lunga della storia recente del Pd l’ipotesi scissione è sempre più concreta. E mentre gli schieramenti affilano le armi sul piano nazionale — sabato Enrico Rossi a Roma presenterà il suo manifesto socialista, assieme a Michele Emiliano e Roberto Speranza, Renzi ha lanciato il nuovo Lingotto a Torino a metà marzo — in Consiglio regionale e nei Consigli comunali si fanno i conti con scenari futuri e governabilità. Un Pd diviso, renziani da una parte, sinistra e/o tutti gli altri dall’altra, sembrava un rischio solo remoto, ma dopo lo strappo in Direzione nazionale con il sì della maggioranza dem ad un congresso lampo la divisione incombe, con le relative conseguenze per le amministrazioni in carica e per quelle in cui si voterà a primavera, Pistoia e Lucca su tutte, oggi a guida Pd. Ed il toto-correnti è tornato di gran moda, con i riflettori puntati sulla pattuglia rossiana, sulle sue varie anime della sinistra e sui franceschiniani.
Quasi nessuno, nel Pd toscano, parla per il momento esplicitamente di scissione — il mosaico è in pieno movimento e lo sarà fino alla vigilia dell’appuntamento di domenica a Roma per l’assemblea nazionale, che dovrà varare regole e data del congresso — e la complessa geografia delle correnti complica il quadro, ma la posta in gioco è chiara. E il rischio della scissione è così concreto che sono già un centinaio le firme degli amministratori all’appello promosso dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci dal titolo «Fidiamoci del nostro popolo, no a scissioni» in appoggio a Renzi, firme tra le quali c’è quella di Dario Nardella.
In Consiglio regionale Rossi rischia la guerriglia da parte della pattuglia renziana — solo 10 dei 25 consiglieri di Palazzo Panciatichi non stanno con Renzi — mentre eventuali uscite dal Pd a guida renziana potrebbero vedere «movimenti» significativi a Lucca, Pistoia e Massa. In attesa di domenica il risiko in Regione vede in giunta due «rossiani», Vittorio Bugli e Vicenzo Ceccarelli, e un esponente dell’area di Franceschini, l’assessore all’economia Stefano Ciuoffo, mentre in Consiglio — dove vota anche Rossi — per Franceschini c’è Marco Niccolai, per Rossi la giovane Alessandra Nardini e Paolo Bambagioni, per Enrico Letta Andrea Pieroni, vicina a Filippo Fossati è Serena Spinelli, di sinistra sono Simone Bezzini e Valentina Vadi e non renziani sono considerati Enrico Sostegni e Ilaria Bugetti. Difficile che tutti e dieci i non renziani si mettano d’accordo in caso di scissione ed altrettanto che i 15 renziani sfiducino Rossi, col rischio di consegnare la Regione al Movimento 5 Stelle o al centrodestra, ma certo i rimanenti tre anni di legislatura di Rossi sarebbero molto più complicati per una maggioranza più divisa.
I contraccolpi sarebbero molto più limitati a Firenze col gruppo Pd saldamente a trazione renziana, con su posizioni critiche solo due esponenti dell’area Sinistra dem: Alessio Rossi e Stefania Collesei. Usciranno? «Mi auguro si possa arrivare ad un confronto franco, sui contenuti», dice Collesei all’agenzia Dire. Ma «se non sarà possibile rimanere all’interno dello stesso percorso politico, sicuramente sceglierò di uscire dal Pd». Cosimo Guccione, legato ai giovani dem, è un’altra voce critica ma dice: «Io lavoro per l’unità, alla scissione ora non voglio neanche pensarci», mentre Cecilia Pezza, su Facebook, invita alla responsabilità: «Qualsiasi cosa succeda nei prossimi giorni, sappiate tutti che siete responsabili del mio e del nostro tempo, quello dedicato in questo dieci anni a questo Pd». Stessa situazione a Prato e Siena, con consigli decisamente pro Renzi (anche se a Prato l’arcipelago degli eletti comprende esponenti che si riconoscono nella sinistra e in Franceschini e Giacomelli) come sono renziani i gruppi di opposizione del Pd ad Arezzo, Livorno e Grosseto, capoluoghi dove i dem non governano.
Occhio a Pistoia e Lucca. Nella città dove Samuele Bertinelli si ripresenterà candidato sindaco su 15 consiglieri solo 6 sono renziani e molti guardano a Rossi o alla sinistra, come lo stesso primo cittadino; a Lucca i renziani hanno dovuto accettare la ricandidatura di Tambellini, rossiano, e in consiglio comunale i renziani sono appena 4, in netta minoranza in un futuro braccio di ferro col nuovo soggetto, per non parlare del problema della composizione delle liste, dove renziani e non renziani dovevano bilanciarsi secondo l’intesa che ha siglato la pace tra i due schieramenti pur di non perdere la città. Altra città problematica per Renzi e la dirigenza renziana del partito in Toscana, è Massa, da sempre un caso a parte: la sinistra è molto forte e Rossi può contare su tre consiglieri. Infine a Pisa, dove Marco Filippeschi è stato riconfermato sindaco nel 2013, Renzi non ha sfondato, anche se sono molti i consiglieri che ancora non hanno deciso cosa fare in caso di scissione.