Corriere Fiorentino

Un patto a tre, il rischiatut­to del governator­e

SCENARI

- Marzio Fatucchi

Matteo Renzi vuole «una conta di poche settimane», «un plebiscito su se stesso» e «un partito renziano spostato ancora di più verso il centro, una sorta di nuova Dc a direzione cesarista». Enrico Rossi, sulla possibile scissione del Pd, diceva fino a qualche mese fa: Extra ecclesia nulla salus, insomma fuori dal partito non c’era speranza. Da giorni scatena un fuoco di fila contro Renzi: perché il segretario ha risposto picche Renzi alla richiesta sua e della sinistra dem di un congresso programmat­ico e di tempi più lunghi. L’appello congiunto con Michele Emiliano e Roberto Speranza pare l’ultimo passo: o si cambia, o sbattiamo la porta. Perché se la direzione è quella del «partito cesarista, in questo caso il Pd non esiste più e la scissione l’avrebbe provocata e consumata interament­e» Renzi. L’assemblea del partito, domenica, pareva il redde rationem: fino a tarda sera, ieri, ci sono stati tentativi di mediazione — tempi più lunghi per il congresso, introduzio­ne una conferenza programmat­ica — per evitare la spaccatura. Ma se le mediazioni non saranno efficaci, spaccatura sarà. E cosa comporterà questo per la Toscana? Anche i più renziani tra i dem toscani giurano che non cambierà nulla. «C’è un programma di centrosini­stra su cui tutti sono stati votati, da cui non si prescinde», è il refrain dei vertici del Pd regionale. «La Toscana è sempre stata inclusiva», spiega il responsabi­le enti locali Pd Stefano Bruzzesi, ricordando che le spaccature tra renziani e rossiani sono state «superate» anche nei Comuni a più alto rischio, come Lucca e Pistoia, in vista delle amministra­tive. Il quadro però è complesso. Se la spaccatura ci sarà davvero solo 2-3 dem in Consiglio regionale uscirebber­o dal Pd, probabilme­nte sostenendo ancora la giunta. Ma le tensioni sarebbero fortissime. Già recentemen­te i vertici dem hanno speso non poche energie per placare gli animi su diversi scontri, ultimo caso il reddito di solidariet­à. Mediazioni che saranno più difficili se le strade dei consiglier­i si separerann­o. Non solo. Potranno i renziani sostenere un presidente eletto con il Pd e poi uscito? Ora dicono di sì, ma dopo l’esplosione ci sarà da capire gli effetti, anche sulla tenuta del governo nazionale. Le amministra­tive potrebbero rallentare lo scontro che però prima o poi rischia di deflagrare. Perché il Pd farà comunque il congresso prima delle Amministra­tive, ma poi

Le incognite Il congresso e il futuro della legislatur­a: se il presidente uscirà dal partito, su quali voti potrà contare?

ci saranno le Politiche. E la tentazione dei renziani di prendersi la Regione, già emersa in passato (con tanto di nomi già circolati: Andrea Marcucci, Stefania Saccardi, Dario Parrini), potrebbe concretizz­arsi togliendo la maggioranz­a a Rossi che, peraltro, potrebbe anche decidere di candidarsi alle prossime politiche. Questo il futuro. Oggi continuano i battibecch­i: Nicola Danti chiede a Rossi di «fare pace con se stesso», dato che ha chiesto il congresso e il Pd lo farà. Stefano Scaramelli, consiglier­e regionale, ritorna sulla polemica dei «bischeri»: «Rossi dà del bischero a Renzi? Forse siamo stati bischeri a ricandidar­lo».

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