Rossi non si ferma. E Renzi?
Il governatore con Emiliano e Speranza: «Serve un partito partigiano». Oggi la risposta
Democratici sul filo della scissione: la minoranza a Roma canta «Bandiera rossa». La maggioranza: niente ultimatum
Solo stamani, dopo una lunghissima notte punteggiata di telefonate e pronostici, si saprà se lo strappo evocato da Enrico Rossi — assieme a Michele Emiliano e Roberto Speranza ma anche a Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, seduti in prima fila sulle rosse poltroncine del Teatro Vittoria per la «Rivoluzione socialista» — si concretizzerà. Sapremo oggi se ci sarà «la svolta oppure un nuovo inizio, perché non siamo ulteriormente disponibili a restare nel Pd se è il Partito di Renzi» come ha detto ieri sul palco il presidente della Toscana e candidato alla segreteria nazionale del Pd. L’iniziativa organizzata per presentare il suo manifesto per cambiare il partito è diventata la riunione della minoranza dem, in un teatro stracolmo, con decine di giornalisti e persone in piedi ovunque, oltre a qualche centinaio in piazza davanti al maxi schermo.
Gli slogan e gli ultimatum dovranno misurarsi oggi con l’assemblea nazionale e con le mosse di Matteo Renzi, che ieri sera pareva intenzionato a «non cedere ai ricatti» e a confermare le primarie ad aprile o maggio. «È stata una mattinata di bella politica, di sinistra e contenuti — spiega Rossi al termine dell’iniziativa — Il calendario? Su questo si divisero i gregoriani, io appartengo ad un’altra parrocchia. Simbolo e nome del nuovo soggetto? No, no, non ci ho pensato. Ho detto con forza, determinazione, passione e rispetto quello che avevo da dire su temi e valori: ora aspettiamo serenamente la risposta di Renzi».
Rossi ha diviso il palco con Emiliano, esuberante, che ha strappato risate in serie, e Speranza, più compassato, ed ha fatto un pieno di entusiasmo, sin dall’apertura sulle note di Bandiera rossa. La sua giornata è iniziata molto presto, nel camerino del teatro assieme alla moglie Laura e al suo staff, come quella dei suoi sostenitori, partiti all’alba e poi intenti a farsi selfie davanti al Teatro Vittoria per immortalare evento e ricordo. Il primo big ad arrivare è stato Bersani, che non ha voluto parlare anche se alla fine ha detto ai giornalisti «bisogna essere fedeli agli ideali, non è questione di tempi, ma di cambiare linea» e si è brevemente apparto con il governatore della Toscana, seguito poi da Epifani e Massimo D’Alema, anche loro rimasti seduti in platea e zitti, nonostante l’incursione della «iena» Enrico Lucci con tanto di baffoni, colbacco e cappottone da guardia rossa. Alla fine Rossi si è seduto accanto ai tre ex segretari, separato dal corridoio da Speranza ed Emiliano, e Peppino Calderola ha dato il via nella bolgia. Nessun bandiera del Pd, ma una sovietica sì, sventolata per un attimo da un paio di giovani e un po’ di tensione ed un filo di voce in meno per Rossi che è salito sul palco alle 11,30 ed ha collezionato 31 applausi nei suoi 30 minuti di intervento, all’insegna della critica a Renzi e al suo governo, della richiesta di una conferenza programmatica ed un «congresso normale» con Gentiloni in carica fino al 2018. Le citazioni sono quelle ormai consolidate: Papa Francesco, Delors, Bernie Sanders. «La responsabilità della spaccatura ricade su chi non vuol capire. Le date non sono una nostra ossessione, ci interessano i temi, i valori sui quali non rinunciamo alla battaglia! Sennò ci sarà un nuovo inizio, senza rancore e senza patema. In ogni caso ci si dovrà confrontare con noi», ha concluso prima di farsi la foto con Emiliano e Speranza. Come finirà? Rossi&Co hanno lavorato ad un ordine del giorno che ricalca i contenuti ed i toni del Teatro Vittoria. «Serve un confronto serio sulla piattaforma programmatica evitando una scissione che farebbe perdere tutti. Spero che prevalga il senso di responsabilità», afferma Vincenzo Ceccarelli; «Non si può pretendere dalla minoranza, in nome della cosiddetta unità, un assenso a prescindere», commenta Tea Albini.
Scissione vicina La responsabilità della spaccatura ricade su chi non vuol capire Daremo battaglia sui valori, sennò ci sarà un nuovo inizio