UN INCROCIO NORMALE PER RACCONTARE UNA STORIA ECCEZIONALE
Un tratto poco visibile ma da me sempre apprezzato di quel buon gusto fiorentino, è il fatto di non aver apposto i nomi dei nostri più grandi artisti sulle strade principali ma di averli invece riservati a strade minori, se non proprio fuori mano. Così, come Boccaccio ci porta fuori città e Dante non dà il nome che a una viuzza, pure Giotto va a battezzare una strada residenziale fuori dal centro, dove difficilmente passerà un turista.
Non risulta inappropriata, per una strada così dritta e netta, l’intitolazione al profeta dello spirito geometrico e del realismo più schietto (né passa inosservato il vezzo dell’averla fatta incrociare con via Cimabue). Pur priva di attrazioni, via Giotto non è priva d’interesse: anzi, proprio dal suo essere spoglia di eccessi — in positivo come in negativo: non presenta monumenti di pregio ma nemmeno brutture o storture — trae la sua virtù. Prendendola da via del Ghirlandaio, sfoggia prima un neogotico senza troppi manierismi (al civico 3), poi un tocco di liberty al 5 e un palazzo anni ’60 all‘8; procedendo, ecco condomini anni ’70 e palazzi per servizi anni ‘40, casette basse d’inizio secolo alternate a palazzi anni ’80, e ancora un po’ di edilizia pubblica anni ’50, col classico piano terra a travertino. Giardini pochi ma curati, balconi fioriti ma non troppo, il brutalismo dell’Archivio di Stato a far da orizzonte, e una lapide (in ricordo dell’oscuro poeta Alberto della Piagentina), ma solo una, come avviene nelle città normali, che hanno una storia ma non ne sono sopraffatte. Ecco il senso di via Giotto: essa viene a raccontarci come sarebbe Firenze se fosse una città normale — e non ci dispiace, questa Firenze novecentesca, residenziale, sobriamente operosa, ma già in viale Amendola si ha sete di marmi e pietraforte e lapidi a pioggia, giacché la verità è che, alla fine, Firenze ci piace eccezionale (o, se vogliamo, anormale). Anzi, proprio la misura di tale anormalità, ben visibile al confronto con via Giotto, spiega perché abbiamo avuto cura di tenerci i toponimi antichi, meno celebrativi: ci fossero anche i nomi dei giganti a «caricare», l’effetto sarebbe eccessivo, mentre qua fuori ricordano che, sì, Firenze potrebbe anche essere una città normale, e invece è anche la città di Giotto