Il ballo della candela sulla Vespa da rottamare
Nevicava piano, sui favolosi anni Sessanta. Laura pensò: «Devo smettere di essere una santa». Appena cominciò a ballare le tensioni evaporarono. Ennio entrò nella sua vita camminando sulla musica. Continuarono a ballare finché non si baciarono. Così cominciò. Ennio lavorava da quando aveva finito le elementari, faceva il doratore, il restauratore di quadri e realizzava le cornici. Era bravo ma guadagnava pochissimo perché le cornici dorate non le voleva più nessuno. A volte passava a prenderla all’ora di pranzo, i pantaloni da lavoro con una gamba tutta aperta dall’anca alla caviglia, pieno di pennellate di tutti i colori. Stava sempre nel mondo dei sogni. Girava con una Vespa, un rottame che qualche volta funzionava. «Tranquilla, è la candela» diceva lui quando si fermavano. Puliva la candela e ripartivano. Il veicolo era sprovvisto di freni, Ennio si fermava dietro gli autobus tenendosi con la mano. Lei era impiegata in un ufficio. Una mattina lui doveva accompagnarla al lavoro ma partì mentre Laura stava salendo e lei si ritrovò seduta in terra con la borsetta in mano. Dopo qualche metro Ennio si rese conto di essere solo, si girò e chiese: «Ma che ci fai lì per terra?». La domenica Laura usciva di casa vestita in modo elegante, come voleva sua madre. Poi andava in casa di Ennio e si metteva jeans, scarpe da ginnastica e una camicia a quadri. Si sentiva meglio. Ennio dopo aver pulito la candela della Vespa non riusciva a togliersi il grasso dalle mani e così Laura tornava a casa piena di impronte sulla pelle. «Ma cosa hai fatto?» le chiedeva sua madre. Una notte si abbracciarono sotto un convento abbandonato. Solo che le suore erano tornate e li presero a secchiate. Era inverno. Lui la portò in giro in Vespa per la città per farla asciugare. Lei aveva 17 anni. E anche lui. Ma diceva di averne ventuno. Una sera incontrarono i genitori di Laura e da allora sua madre insisteva perché lo portasse a casa. Ma diceva anche: «Non vedi quanto è brutto? Con tutti i bei ragazzi che ti vogliono. Come quello del numero 10 che è pure dottore!». I genitori ambivano ad un marito diverso. Ennio si presentò con una camera d’aria sotto l’ascella. Suonò. Credeva che fosse Laura ad aprire: con la camera d’aria sparò una pernacchia tremenda. Ma era il padre alla porta e commentò: «Questo è proprio ignorante». Dopo un po’ per allentare la tensione Ennio entrò in cucina, trovò una scopa col manico di legno e iniziò a fare karatè. La ridusse in tanti pezzi. E lì fu la madre ad arrabbiarsi. C’erano dubbi su Ennio. Ma erano sbagliati. Laura: «La vita è volata via veloce. Quel ragazzo che frantumava scope è maturato tanto. Tutti lo chiamano il Santo. Non so perché».