Pd, ecco i primi no agli scissionisti In Regione partita aperta su Rossi
L’assessore Ceccarelli resta nel Pd, i sindaci di Pistoia e Lucca anche Tanti sono in bilico: «Uscire dal partito si può, ma per andare dove?»
Pd, oggi la direzione darà il via al congresso. Ma già in Toscana c’è chi dà scontata la scissione ed altri, pur vicini alla sinistra, che si chiamano fuori dicendo: resto nel Pd. Il presidente Enrico Rossi pare ormai in uscita, «renderò la tessera» dice. Con una fibrillazione profonda anche sugli assetti della maggioranza in consiglio regionale e sul futuro della giunta.
«Non c’è spazio per la dialettica nel Pd di Renzi», dice Enrico Rossi a Bianca Berlinguer su Rai 3. Accanto a lui doveva esserci anche Michele Emiliano, invece no, arriva Francesco Boccia. Forse è l’effetto delle mediazioni in corso per evitare la rottura. Anche in Toscana, nell’ultima vigilia (per ora) della scissione, sono in tanti a dover ancora scegliere. Per «aiutarli», il partito toscano a guida renziana lancia una campagna di ascolto: «Abbiamo mandato una lettera a tutti i segretari di federazione — scrivono il segretario regionale Dario Parrini ed il suo vice Antonio Mazzeo — chiedendo che da domani e fino al termine della settimana parta un percorso di assemblee comunali e territoriali attraverso il quale analizzare gli ultimi passaggi nelle sedi deputate a farlo. Il nostro è un grande partito, aperto e plurale», deve restare «il più possibile teso ad unire e non a dividere». E c’è anche chi li ha anticipati: il Pd di Cecina è in «assemblea permanente» da sabato. Che il clima sia incandescente, con molti ancora sull’uscio, indecisi se partire o meno, lo raccontano i tanti che rimandano la decisione a dopo la direzione nazionale del Pd di oggi. E anche più in là.
Persino nel «gruppo di fuoco» che ha accompagnato Rossi a Roma, al Teatro Vittoria, per il lancio della sua «Rivoluzione socialista», pare ci siano già defezioni. I rumors riportati da La Nazione di Arezzo sull’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli, che pure aveva organizzato il gruppo locale per la trasferta romana, paiono avere molta sostanza. Il segretario aretino, Massimiliano Dindalini, ex bersanian-dalemiano, pare orientato a restare seguendo Orlando. Sempre ad Arezzo c’è la consigliera regionale Valentina Vadi, una che pareva vicina a Rossi e invece è stata convinta dal discorso di Veltroni in assemblea: «Nel caso fosse confermata la scissione, io rimango nel Pd. È la mia comunità dove sono nata politicamente, i miei valori e punti di riferimento». Poco più in la, a Siena, un altro consigliere regionale prende tempo: «Mi prendo qualche giorno per decidere — dice Simone Bezzini — Ma sono molto preoccupato per la scissione». A Pisa invece ieri sera Paolo Fontanelli, bersaniano doc, ha raccolto un vasto mondo che va dall’ex ministro Maria Chiara Carrozza ad alcuni assessori comunali: il sindaco Marco Filippeschi resterà senza se e senza ma nel Pd, bisognerà capire cosa faranno alcuni suoi colleghi di giunta, a partire da Ylenia Zambito.
A Livorno invece uno dei politici indicati come vicino a Rossi si chiama fuori: «Prendo atto con amarezza» dice Federico Bellandi, segretario del Pd di Livorno, «non posso che esprimere tutto il mio rammarico e la mia disapprovazione per la scelta di lasciare il Partito (maiuscolo ndr) esercitata da Rossi e da altri dirigenti, sicuro come sono che nella nostra comunità non solo ci sia spazio per la Sinistra (maiuscolo ndr) e le sue idee, ma che esse continuino a costituirne l’ossatura».
La pattuglia di chi uscirà, quasi certamente, dal Pd c’è: le due consigliere regionali Serena Spinelli e Alessandra Nardini. Anche Paolo Bambagioni? «Se il Pd resta il Pd di Renzi, io non potrò esserci» dice il politico di provenienza ex Dc. Anche il lettiano Andrea Pieroni, fa un ragionamento analogo: «Al momento non ho maturato la scelta di uscire, perché so da dove esco ma non dove andare e finire in braccio a D’Alema non mi interessa. Ma non mi riconosco in Renzi, non è in grado di gestire questa fase complessa. Auspico che ci sia un vero congresso del Pd con una candidatura alternativa a Renzi. Ma nessuno me l’ha chiesto di uscire».
Dalle città al voto a giugno, arriva l’appello all’unità: lo fa Alessandro Tambellini, sindaco uscente di Lucca e ricandidato dal Pd dopo una lotta furiosa contro di lui da parte dei renziani. «Lucca sia esempio per la politica nazionale — scrive Tambellini — voglio rassicurare: a Lucca ci siamo dati da fare per costruire ambiti unitari con un confronto aperto con tutti coloro che possono contribuire alla continuità di un’esperienza amministrativa che ha dato, credo, risultati positivi. A questa esperienza unitaria non intendo rinunciare». Una posizione simile all’altro candidato sindaco uscente, Samuele Bertinelli, a Pistoia. Lasceranno invece il Pd i deputati Tea Albini e Filippo Fossati. Così come i consiglieri comunali di Firenze Stefania Collesei e Alessio Rossi. Alessio Biagioli, sindaco di Calenzano, considerato da tempo outsider di sinistra, dice: «Quando capisco cosa fanno mi esprimo». A Massa-Carrara, invece, doveva essere «rossiano» il deputato Andrea Rigoni: ma dopo il commissariamento del partito voluto anche dal presidente, pare non sarà della partita.
Ci sono ancora margini per ricomporre la frattura? «Bisognerebbe che Renzi facesse una apertura sulle idee che abbiamo proposto» conclude Rossi in tv. No, gli risponde il renzianissimo senatore Andrea Marcucci: «Rossi è incomprensibile. L’apertura sulle sue idee non spetta a Renzi, ma al congresso del Pd che Rossi ha prima chiesto a gran voce di convocare, e poi usato per lasciare il partito».