NIENTE BARBARI, MEGLIO IL CLOWN
Pare che non sia stato Giulio Andreotti a coniare la massima secondo cui «a pensar male si fa peccato, ma s’indovina sempre», che gli viene spesso unanimemente attribuita.
A insegnargliela — come lo storico leader della Democrazia Cristiana stesso ammise in uno dei suoi più ameni libri di ricordi — fu il cardinal vicario di Roma Francesco Marchetti Selvaggiani, quando il futuro statista faceva il suo apprendistato nei ranghi della Fuci. Questioni di copyright a parte, l’adagio rimane valido ed è forte la tentazione di applicarlo alle scelte che hanno ispirato l’impaginazione di Viareggio in maschera, rivista ufficiale del Carnevale versiliese. Contrariamente alla tradizione, la pubblicazione non si apre con una foto del carro che ha vinto l’edizione precedente, ma con l’immagine di un pagliaccio. Capricci del grafico? Fino a un certo punto. Il carro vincitore dell’edizione 2016 dei corsti mascherati era stato «Barbarians» e al centro di esso si trovava la testa mozza del Davide, esibita come un trofeo da una specie di Feroce Saladino. Riferimento tutto sommato esplicito ai vandalismi dei tagliagole (in tutti i sensi) dell’Isis. Giancarlo Galli, autore di «Barbarians», non l’ha presa sportivamente. «La rivista va rivista», ha protestato ed è difficile dargli torto. Tanto più che, purtroppo, non sembra che il terrorismo denunciato da quel carro coraggioso sia passato di attualità. Timore di urtare la sensibilità di qualche potenziale terrorista, scatenando le ire del sedicente Stato islamico contro una manifestazione estremamente vulnerabile? O mercantile consapevolezza che un sorriso di clown si «vende» meglio di una testa mozza? Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma una constatazione è lecita. Per prevenire attentati al Carnevale di Viareggio è giusto piombare i tombini delle fogne e sigillare i cestini della spazzatura; sarebbe bene però non sigillare la memoria. L’impero bizantino, è vero, sopravvisse quasi un millennio più dell’Impero romano d’Occidente pagando tributi ai barbari perché non l’invadessero, ma erano altri tempi. E i tributi morali a volte costano più dei tributi economici, perché danno ai nuovi barbari contezza della fragilità della nostra società civile. Resta intanto, vista la scelta della copertina, aperto il dibattito su quale potrà essere il nuovo inno delle sfilate allegoriche: lo storico «Una coppa di sciampagna» (ma il «vino bianco» urta le leggi della sharia…) o «Ridi pagliaccio»? Forse, visti i tempi, il titolo più appropriato è quello di una delle più fortunate fra le nuove canzoni del Carnevale viareggino: «Siamo tutti coltellacci».
Finirà che, per non urtare l’Isis, si cambierà anche l’inno delle sfilate allegoriche?