Rossi: «Restituisco la tessera» In Regione la partita è aperta
Il governatore: voglio continuare a guidare la Toscana, però niente logoramenti. Parrini: ripensaci
È il «momento più delicato della storia del Pd», come scrivono i vertici Dem toscani nella lettera a tutti i segretari di federazione. E così anche ieri i renziani si sono mossi per evitare la scissione targata Rossi, anche se il governatore ha continuato nella sua offensiva. «Riconsegnerò la tessera Pd», ha detto al TgR Toscana. Oggi a Roma, con la direzione nazionale che varerà la commissione per il congresso dopo le dimissioni da segretario di Matteo Renzi, si capirà meglio se lo strappo è definitivo, ma intanto il segretario del Pd toscano, Dario Parrini, ha visto Rossi chiedendogli di restare nel partito. E ieri nei corridoi del Consiglio regionale tutti parlavano del piano regionale sviluppo (che oggi approderà alle commissioni e a marzo sarà in aula) che, se bocciato, segnerebbe la fine del Rossi bis alla presidenza della Regione.
«I fattori sono tanti e incrociati», si ragionava ieri a Palazzo Panciatichi, «dalla legge elettorale toscana che ha introdotto il ballottaggio se il candidato più votato al primo turno non supera il 40% (da qui il rischio di un effetto-Livorno, tutti coalizzati contro il Pd al secondo turno, ndr) al pressing dei sindaci per l’unità; dal non offrire nuove armi a centrodestra e M5S al fatto che i numeri in Consiglio regionale non permettono nessuna maggioranza alternativa all’attuale». I tempi per sciogliere il rebus però sono corti: oggi la direzione a Roma, tra un paio di settimane il voto sul piano regionale di sviluppo, le primarie Dem a maggio, le amministrative a giugno, con nel mezzo l’eventuale caduta di Rossi da governatore che — per permettere di votare in Toscana in autunno — dovrebbe concretizzarsi a primavera. Un’eventualità, quella della caduta della giunta, che il governatore naturalmente vuole scongiurare: «Se il piano di sviluppo sarà approvato si va avanti, si deve andare avanti. Ho già firmato degli emendamenti che il capogruppo Pd, molto vicino alle posizioni di Renzi, mi ha sottoposto. Se il piano verrà approvato continueremo, se invece si ritiene che dovrà essere interrotta la legislatura...». E anche in Consiglio regionale si crede poco alla rottura, fermo restando la necessità di una verifica programmatica. Rossi intanto mette le mani avanti: «Il mio obiettivo rimane quello di portare a compimento il mandato da presidente della Toscana, nel 2020. Non andrò in Parlamento. Nessuno pensi che io miri a cariche nazionali a causa del mio impegno fuori dal Pd. Chi pensa questo, pensa una sciocchezza». Però ha ammesso che «non si può stare in Consiglio regionale, in giunta regionale tutti i giorni a battibeccarsi. La mia intenzione è continuare a lavorare. Abbiamo da fare delle cose per concludere la legislatura. Se si vogliono fare, bene, altrimenti se si deve arrivare alla fine della legislatura in modo logoro, allora è bene che si chiuda la partita». Su cosa accadrà in giunta, Stefania Saccardi, renziana doc, dice: «La Toscana è un esempio di buongoverno ed è ben governata dal Pd dentro il quale sono riuscite a coniugarsi anche anime diverse. Per quanto mi riguarda continuo a lavorare insieme al presidente Rossi, con il quale abbiamo un’ottima comunanza di idee sul piano amministrativo. Sul piano politico vediamo cosa succede, la situazione è ancora molto fluida». Mentre il presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani, spiega: «Nell’immediato secondo me non ci saranno ripercussioni se Rossi esce, perché dobbiamo avere un’occhio di riguardo agli interessi dei cittadini della Toscana. Certo con il tempo è un quadro destinato a logorarsi. Ho la sensazione che Rossi concentri ormai più i suoi interessi sull’essere un esponente nazionale che non sull’essere il presidente della Toscana». Rossi a Palazzo Strozzi Sacrati ha visto a lungo Parrini, che ieri mattina è stato in Consiglio regionale assieme a Stefano Bruzzesi, responsabile enti locali del Pd, anche lui presente all’incontro con il governatore. Il segretario Dem ha chiesto a Rossi di restare nel partito e accettare la battaglia congressuale. «Gli ho raccontato lo sconcerto dei 40.000 iscritti al Pd e di circa un milione di elettori del nostro partito in Toscana per la scelta che ha annunciato: gli ho detto che il suo è un errore di fronte alla possibilità di confrontarsi in un congresso. Rossi è una persona di grande serietà e sono convinto che ci rifletterà». Quanto ai riflessi sul governo della Toscana di una eventuale uscita di Rossi dal Pd, Parrini ha spiegato: «È regola che le scelte politiche non si riflettano sulle istituzioni, che vanno salvaguardate. Tuttavia un presidente che esce dal partito con il quale è stato eletto dai cittadini è un fatto rilevante... C’è ancora una notte per cercare di scongiurare la scissione».
L’attacco di Giani Se Rossi esce, nessuna ripercussione in Consiglio, almeno nell’immediato Anche se lui si concentra troppo poco sul ruolo di presidente