L’allenatore Bene con i giovani, ma la squadra non ha un’identità
Centrocampisti in difesa, terzini in panchina e mediani all’ala. A San Siro Paulo Sousa è finito di nuovo nel mirino. Troppi giocatori fuori ruolo, troppo pavido il 4-4-1-1 schierato contro Montella e troppo ritardate le sostituzioni della ripresa. Il portoghese ha ribattuto con il solito «abbiamo dominato», ma le sue scelte non convincono. La Fiorentina continua a cambiar modulo in continuazione, si adegua agli avversari ma senza limitarli davvero e quando deve rincorrere spesso si limita a un innocuo possesso palla. Dall’inizio dell’anno siamo già a 5-6 sistemi di gioco cambiati. Dal classico 3-4-2-1 al 4-2-3-1, passando per il rombo di centrocampo, il 3-5-2, lo spregiudicato tridente di Pescara e la sacchiana soluzione del Meazza. Che sia un alchimista è risaputo, che ami dare pochi punti di riferimento anche. Ma così si rischia di togliere sicurezze a un gruppo già fragile di suo. In fondo, le squadre che giocano meglio sono anche quelle che hanno un’impronta precisa: il Napoli di Sarri per esempio, la Roma di Spalletti ma anche la piccola grande Atalanta di Gasperini. Poi c’è la gestione dello spogliatoio, che anche l’anno scorso creò qualche perplessità. Perché Salcedo rispedito in campo fuori ruolo dopo due mesi di panchina? E perché Ilicic titolare dopo le parole («È la mia sconfitta più grande») di sabato scorso? I meriti di Sousa restano la crescita dei giovani e la voglia di dare una mentalità vincente all’ambiente. Senza risultati però è dura. Soprattutto se certe sconfitte nascono da scelte di formazione quantomeno azzardate. Paulo Sousa, 46 anni