«Rispetto Enrico, ma non rompo Il Pd può risolvere le emergenze»
Tambellini, sindaco di Lucca: far cadere la giunta regionale sarebbe grave
Il primo messaggio è per Enrico Rossi: «Rispetto lui e la sua scelta, ma io resto nel Pd». Il secondo è per Renzi e i renziani: «Un partito non è un’azienda, bisogna saper valorizzare tutti e tutte le idee». Il terzo messaggio è per tutti: «Far cadere la giunta regionale sarebbe un errore molto grave». Tra pochi mesi a Lucca ci saranno le elezioni amministrative e Alessandro Tambellini, sindaco uscente e ricandidato dal Pd dopo non poche tensioni tra lui (da sempre considerato vicino al governatore Rossi) e i renziani, è «molto preoccupato».
È la scissione a preoccuparla, sindaco Tambellini?
«Sì, ma non per me o per il Pd. Sono preoccupato per le possibili conseguenze sull’Italia. Oggi il Pd è il partito progressista più forte in Europa ed è il perno della stabilità in Italia. Il nostro Paese ha bisogno di un indirizzo politico preciso e deciso su temi come il lavoro e il sostegno ai più poveri. Chi come me fa il sindaco — e io lo faccio in una città fortunata, da questo punto di vista, per antica virtù dei suoi abitanti — sa che queste sono le vere emergenze quotidiane...».
Ci sono queste emergenze e il Pd si spacca sulla data del congresso. È questo che vuol dire?
«No, aspetti. Voglio dire che solo una grande forza politica come il Pd può portare avanti politiche incisive su queste emergenze. Tutto ciò che destabilizza lo scenario è un vulnus per l’Italia. E il mio timore è che quello che sta succedendo finisca per incrinare la fiducia nel nostro Paese a livello internazionale».
Rossi uscirà dal Pd. Lei che è considerato un «rossiano», come giudica questa mossa?
«Prima di tutto mi faccia dire che ho grande stima di Enrico Rossi. Evidentemente ha maturato un percorso per cui non ritiene più di poter stare nel Pd. Ed è evidente che si tratta di una scelta profondamente meditata e sofferta. Anche solo per questo merita rispetto».
Fino allo scorso fine settimana, però, Rossi non aveva lasciato intendere di voler lasciare il Pd. Perché secondo lei tra sabato e domenica ha dato questa sterzata verso la scissione?
«Io le posso dire questo. Chi occupa posizioni di vertice deve avere la capacità di fare sintesi costruttive. Chi guida un’organizzazione deve saper tenere conto di tutti. Un partito non è un’azienda, e comunque anche in un’azienda non si starebbe insieme senza il concorso di tutti... Tutte le idealità e le sensibilità vanno opportunamente valorizzate, non lasciando andare via nessuno e anche, se necessario, sacrificando qualcosa della propria impostazione iniziale».
Vuol dire che la colpa è di Renzi che si muove come un uomo solo al comando?
«Ribalto la domanda e le chiedo: secondo lei questa impostazione ha prodotto cose positive?».
Beh, il 40% alle Europee lo ha raggiunto il Pd guidato da Renzi.
«Un risultato che andrà verificato sullo scenario delle elezioni nazionali... Le evoluzioni del quadro politico sono spesso molto rapide».
E ora in Regione cosa succederà? I renziani dicono: non faremo cadere Rossi, ma servirà un «tagliando», una verifica... Insomma, si annunciano settimane difficili in Consiglio regionale, dove la maggioranza del Pd è saldamente renziana. E nel frattempo ci sarebbe una regione da governare.
«Il confronto non deve spaventare, mai. Ma la caduta della giunta Rossi sarebbe esiziale, un errore gravissimo. Se le posizioni politiche sono sincere, la convivenza e la collaborazione tra gruppi diversi si possono costruire. Quello che va impedito assolutamente è il meccanismo dei posizionamenti personali».
Lei ha detto che Lucca può fare da esempio per la politica nazionale. Perché?
«A Lucca siamo riusciti, pur in un percorso in cui non sono mancate discussioni, a costruire l’unità del partito. E abbiamo raggiunto questo obbiettivo senza fare pasticci né accordicchi». In che senso? «Non ci sono stati caminetti. Abbiamo discusso apertamente, anche in modo aspro».
Ma adesso, con la scissione nazionale in vista, teme ripercussioni sulle elezioni comunali a Lucca e sulla sua campagna elettorale?
«No, non temo ripercussioni particolari. Certo, bisogna impegnarsi tutti ancora di più. Ma se parliamo e ci confrontiamo sulle risposte da dare ai lucchesi, non abbiamo di che temere. E i lucchesi possono star sicuri: non ci sarà alcuna instabilità».
Ma dal Pd di Lucca qualcuno se ne andrà? Quanti, secondo lei?
«Sinceramente non lo so. Il quadro nazionale è talmente in evoluzione...».
Lei al congresso del Pd chi sosterrà? Renzi, Emiliano o Orlando (se si candiderà)?
«Valuterò bene. Io ho un’impostazione ben precisa, mi sono formato alla scuola dell’illuminismo e del socialismo europeo. Giustizia, equità, redistribuzione della ricchezza. Il vero problema è che vedo una mancanza di elaborazione ideale».
Traduco: non segue Rossi e gli scissionisti, ma vuole un Partito Democratico posizionato più a sinistra.
«Vorrei un pensiero forte. Cosa vogliamo fare per l’Italia e come? Ripartiamo da qui».
A Renzi dico: il partito non è un’azienda, bisogna saper riuscire a valorizzare tutti