Il caffè di GIuliano
Il governatore perde alleati anche in Toscana. «Alle amministrative non farò liste anti-Democratici»
Emiliano non esce dal Pd e si candida alla segreteria, ma Enrico Rossi va avanti e conferma la scissione: «Il Pd non è più casa mia. C’è posto per una forza politica nuova di sinistra».
Fedele al suo carattere, alla sua linea. Enrico Rossi, nonostante la frana del fronte scissionista che ieri ha visto protagonista Michele Emiliano, va avanti. E lascerà il Pd. Non cambia idea, convinto che alla lunga avrà ragione, che serva una «nuova forza politica» che incalzi il Pd da sinistra.
«Scissione? Io andrò avanti. È una scelta che ho fatto con grande serenità, dopo aver ascoltato Renzi e altre relazioni. Quella di domenica all’assemblea Dem è stata una bastonatura, di stile staliniano. Uno capisce che quella non è più la sua casa, il suo modo di pensare, che c’è una frattura. Allora, con lealtà e coerenza, io non cambio posizione, dico che bisogna costruire una forza politica nuova, più forte, più robusta dal punto di vista programmatico ed ideologico. Il congresso viene fatto solo per re-incoronare Renzi». L’annuncio è arrivato durante la trasmissione di Lilli Gruber «Otto e mezzo» su La7, al termine di una lunga e non facile giornata per lui, tra le notizie su Emiliano che rompeva il «patto a tre», impegni come presidente della Toscana, telefonate, post in rete che ogni ora che passava lo hanno fatto sentire più solo. Duro il giudizio su Emiliano: «Con lui ci saremmo dovuti risentire oggi (ieri, ndr), invece non l’ho sentito, il che evidentemente era un segnale di quello che poi è successo... Per me non sarebbe un comportamento normale, ma ognuno ha i suoi modi di comportarsi», ha risposto alla Gruber. Confermando quello che sulla stessa rete aveva dichiarato in mattinata ad Omnibus: «L’ altro giorno mi ha chiamato Renzi e mi ha detto: “Come? Proprio tu che sei considerato uno di destra nella sinistra vuoi fare la scissione?”. Ecco, proprio perché chi come me era considerato di “destra” nella sinistra non riconosce più che questa è la sinistra, vuol dire che ormai si è scollinato».
Le amarezze sono arrivate anche dalla Toscana con le prese di distanza dalla scissione, a sorpresa, di alcuni uomini e donne a lui molto vicini. Così la consigliera regionale Alessandra Nardini, che pure era a Roma sabato al Teatro Vittoria per l’iniziativa «Rivoluzione socialista» e domenica all’assemblea nazionale per appoggiarlo, su Facebook ha scritto: «Leggo che alcuni giornali mi danno con le valigie in mano. Il Partito Democratico è casa mia. E io quella casa voglio battermi per cambiarla nelle cose che non condivido. Invece di dar seguito ai pettegolezzi, trovo più utile lavorare per far restare tutte le Compagne ed i Compagni dentro al Partito. Il nostro Partito». Così l’ex consigliere di Palazzo Panciatichi, Ardelio Pellegrinotti, che ha organizzato un pullman per il Teatro Vittoria, ha scritto: «Sono contro la scissione del mio partito e lo voglio dire pubblicamente al presidente Rossi: se esci dal partito tradisci tutti. Renzi va sconfitto dentro il partito, ci vorrà tempo, ma ci riusciremo se rimarrai a guidarci. Democraticisocialisti è uno strumento giusto che ci permetterà di fare politica dentro e fuori il Pd. Vuoi buttare a mare tutto questo? A te la responsabilità di distruggere questa tua creatura. Io non ti seguirò e come me faranno in tanti. A 62 anni smetterò di fare politica...». Così Ivan Ferrucci, che un anno fa esatto, il 22 febbraio 2016, era al suo fianco al circolo di Pontedera in cui Rossi ha annunciato che si candidava alla segretaria nazionale dem, ha sottolineato, perentoriamente: «Io sono contro la scissione».
Già ieri mattina nella prima giunta regionale dopo lo strappo Rossi però ha fatto capire che non si sarebbe fermato. Il presidente ha ribadito agli assessori di non sentirsi più a casa in questo Pd e di considerarsi ormai fuori, di aver trovato un muro davanti e poi ha parlato del piano regionale di sviluppo, spiegando che va avanti tutto in modo regolare, in continuità e che sarà sicuramente approvato. Ed ha sostenuto con forza che lui resterà in Regione fino al 2020, che rispetterà l’impegno preso con i toscani. Finita la giunta il governatore è andato a Roma, per la riunione al ministero dell’economia sulla vicenda Aferpi, l’acciaieria di Piombino. E alle 17,45 è finito l’ennesimo vertice sul futuro dell’ex Lucchini ed in contemporanea è terminata la direzione Pd in cui Emiliano ha detto: «Resto nel partito e corro da segretario contro Renzi». Durante la direzione Dario Parrini, segretario Pd della Toscana, ha bocciato la proposta di tenere il congresso a luglio lanciata da Cuperlo e Boccia per cercare l’ultima mediazione. «Sono serenissimo. Quando prendo una decisione lo faccio con la mia coscienza. E l’ho presa. A meno che non accadano miracoli», ha detto Rossi appena uscito dal ministero. «Non parlo di politica fino alle 19», ha aggiunto. Ma Emiliano ha detto che lei e Speranza siete persone per bene: «Meno male», gli sfugge prima di raggiungere lo studio di Otto e mezzo.
Ai suoi ha ribadito che non ci sono più spazi: tra lui e i renziani ci sono due idee diverse della società, della politica. Non rimpiange il suo Sì al referendum, né la lealtà al partito ed ha spiegato a chi gli è vicino che non creerà liste locali «rossiane» alle amministrative in Toscana, dove — ha ripetuto più volte — c’è già chi è riuscito a far perdere città storicamente rosse come Cascina e Montevarchi, cioè il partito a trazione renziana. Ma la scelta di Emiliano («In politica non si finisce mai di stupirsi» è sbottato con gli amici e poi a La7 ha attaccato anche Franceschini, Orlando e Delrio) non cambia niente. Secondo Rossi, lo scontro sarà tra Renzi e Emiliano sarà «uno spettacolo senza contenuti, una giostra populista, né di destra né di sinistra», ha scritto su Facebook. Il governatore è convinto che Renzi vincerà a mani basse e «basterà aspettare per ritornare al punto di partenza, con il rottamatore ad esprimere scelte politiche inconciliabili con la sinistra». E quindi a ridare a lui e alla sinistra quegli spazi politici che oggi sembrano ridotti a bersaniani e dalemiani. «Sono partito con il mio libro a giugno “Rivoluzione socialista”. C’è spazio per una nuova forza politica, ci sono voti e persone da riportare a sinistra — ha concluso Rossi dalla Gruber — Lo facciamo serenamente, con rispetto, dicendo no agli odi di cui la sinistra è stata spesso maestra».
All’attacco La sfida tra Renzi e il presidente della Puglia sarà una giostra populista, uno spettacolo senza contenuti Gli ex supporter Pellegrinotti: Enrico, se esci tradisci tutti noi Nardini: non seguirò gli scissionisti, mi batterò dall’interno