Corriere Fiorentino

«Il mio Maggio? Deve tornare a sperimenta­re»

- di Francesco E. Polacci

alle 20. In programma pagine di Nielsen, Beethoven e Strauss. Con

al piano, i soprani Francesca Longari e Chiara Mogini; il contralto Giada Frasconi, i tenori Patrick Kabongo Mubenga e Manuel Amati; il baritono Benjamin Cho e il basso Chanyoung Lee

Fabio Luisi smentisce l’immagine più scontata del direttore d’orchestra. A vederlo, pare più che altro uno scienziato. Nessun cipiglio volitivo, ma uno sguardo tranquillo e rassicuran­te, e pacatezza di modi, anche a parlare; quell’eleganza che, quand’è sul podio, si unisce a una sicurezza data anche da un consistent­e bagaglio tecnico. È già a Firenze, il maestro Luisi, per le prove del concerto all’Opera di Firenze (sabato 25 febbraio, ore 20): in programma, la suggestiva cantata Hymnus Amoris di Carl Nielsen (nata dalla passione del compositor­e danese per la futura moglie), la Fantasia Corale op. 80 di Beethoven (con Andrea Lucchesini al pianoforte), la spettacola­re Sinfonia delle Alpi di Richard Strauss. In campo, oltre all’Orchestra e al Coro del Maggio Musicale, sono schierati anche il Coro di Voci Bianche e alcuni cantanti provenient­i dall’Accademia del Maggio.

E sarà la prima volta di Luisi come direttore musicale designato del Maggio. L’incarico partirà ufficialme­nte a primavera del 2018, ma le linee guida del nuovo percorso artistico paiono già definite. «Ripartirem­o dalla storia del Maggio Musicale Fiorentino, da ciò che il festival ha significat­o per l’Italia e l’Europa quando a guidarlo c’era Vittorio Gui — racconta Fabio Luisi — L’idea principale è di proporre un Maggio Musicale come era allora, all’avanguardi­a nelle scelte artistiche, e dunque far conoscere al pubblico il repertorio moderno e, soprattutt­o, i titoli contempora­nei. Facendo capire che il teatro musicale non si è esaurito con Berg e Strauss. Bisogna avere il coraggio di nuove proposte, proprio come allora». Ma Luisi rassicura anche che non sarà soltanto questa la via da percorrere. «L’offerta deve essere più Il maestro Fabio Luisi il 25 dirigerà per la prima volta in qualità di direttore musicale (credit: Balu Photograph­y) la vedo particolar­mente bene. A meno che non sia una Traviata fortemente innovativa, e allora bisogna saper rischiare». All’Opera procedono le prove per La Sinfonia delle Alpi, partitura ciclopica che mette a dura prova l’orchestra. «Conosco bene i professori del Maggio, dice il maestro, c’è da parte loro disponibil­ità, e devo dire che il rapporto è di fiducia reciproca. Stiamo parlando di un’orchestra importante, che ha avuto come direttori Gui, Muti, e Mehta, che me la consegna in ottima forma». Ma con Mehta i rapporti come sono? «Si è alluso a screzi, risponde Luisi, ma niente di tutto questo è mai avvenuto. Ci conosciamo da trent’anni, siamo colleghi ma anche amici. Coinvolger­emo Mehta in numerosi progetti futuri. Finché vorrà onorarci della sua presenza, sarà sempre il benvenuto». Luisi vanta un palmarès di incarichi all’estero di prim’ordine: direttore principale dei Wiener Symphonike­r, General music director della Dresden Staatskape­lle della Sächsische Staatsoper, direttore musicale dell’Opera di Zurigo e direttore principale ospite al Metropolit­an di New York. Come metterà a frutto quelle esperienze per il suo primo incarico istituzion­ale nel nostro Paese? «Gli italiani sono un po’ troppo esterofili, guardano all’estero con meraviglia, ma non è sempre oro quel che luccica. Si fa buona o cattiva musica in Italia come all’estero. Certo, in Germania i problemi che abbiamo noi oggi, in ambito di gestione musicale, li hanno affrontati e risolti venti anni fa. Vanno trovate soluzioni idonee a noi, alla nostra cultura, non sempliceme­nte copiandole dagli altri. Al Met ho imparato che si può lavorare a una velocità supersonic­a raggiungen­do alti livelli artistici. Ma che, talvolta, si può scivolare nella superficia­lità. Gli italiani sanno essere più profondi e ricettivi».

Uno scienziato pare Luisi, si diceva, o anche un alchimista. Sarà forse anche per quella sua passione per i profumi, che lui stesso crea: «Un piacevole hobby — si schernisce il maestro — e che in fondo è legato al mio mestiere di direttore d’orchestra: si tratta di combinare e amalgamare essenze e fragranze, come quando sono sul podio e devo fondere e armonizzar­e i colori dell’orchestra». Il ricavato dei profumi di Luisi, in rigorose edizioni limitate, va a finanziare la Luisi Academy for Music and Visual Art, fondazione privata americana fondata dalla moglie, la fotografa e violinista Barbara. «Forniamo così borse di studio, workshop e soggiorni a giovani, musicisti, fotografi e pittori, per un paio di settimane da trascorrer­e in Puglia, in modo che possano trarre ispirazion­e da quei luoghi». Il magico Salento, con punto di riferiment­o Martina Franca e il suo Festival della Valle d’Itria, dove Luisi è direttore musicale (e dove Alberto Triola, direttore generale del Maggio, è direttore artistico). Nasceranno collaboraz­ioni? «Ci sono già state, come per la proposta de Le braci di Tutino, e penso che ce ne saranno ancora».

 Linee guida Il repertorio meglio durante la normale stagione. Poi spazio a titoli contempora­nei

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