LE DUE ITALIE
Due Italie composte da ceti sociali tutt’altro che omogenei e però legate dalla necessità che il Paese si rimetta rapidamente in corsa per recuperare il ritardo nei confronti del resto d’Europa (anche negli ultimi mesi, a causa del referendum che ha assorbito ogni energia). Il problema è quello delle diseguaglianze crescenti che anche la ripresa potrebbe provocare. Renzi ha riconosciuto che su questo fronte il suo governo ha fatto un grave errore di sottovalutazione. Ma qual è il rimedio escogitato dal segretario dimissionario del Pd nel ritiro di Pontassieve? Il governatore Rossi non ha dubbi: serve una patrimoniale per redistribuire ricchezza. Significa più tasse su chi più ha. Ma Renzi rifiuta anche solo l’idea di incrementare il prelievo fiscale (a carico di chiunque). Mica facile quadrare il cerchio. Ma il Pd sembrava nato proprio per riuscire nell’impresa di riunire culture politiche un tempo ostili e ricomporre interessi economici e sociali non convergenti di per sé, analogamente al Partito Democratici americano. «Rivoluzione socialista», il libro-manifesto del pensiero politico di Rossi, sono 140 pagine dense, anche di preoccupazioni e intenti condivisibili, con particolare attenzione alle sacche di maggiore fragilità. A pagina 74 però c’è scritto: «Finora c’è stata in Renzi l’illusione di poter conquistare i voti di destra, ma si è rivelata, appunto, un’illusione perché sui temi chiave come immigrazione ed Europa Renzi è un uomo del progressismo europeo. Ed è il motivo per cui stiamo nello stesso partito. Del resto, i risultati del voto dimostrano che extra Ecclesiam nulla salus: fuori dal Pd c’è solo uno sbocco minoritario e senza prospettive. Dunque la battaglia va fatta dentro il partito. E il momento è arrivato». È andata diversamente e non si capisce il perché.