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Oggi a «Toscana Tech» la firma dell’accordo che lega 18 centri di ricerca alla Regione Obiettivo: aprire i laboratori alle Pmi, perché l’industria 4.0 non resti solo sulla carta
Per avere «fabbriche intelligenti» occorre prima di tutto portarci dentro l’intelligenza. Un patrimonio indispensabile per affrontare la quarta rivoluzione industriale che non deve rimanere patrimonio esclusivo delle grandi aziende, ma va esteso anche alle Pmi.
È questo lo spirito dell’intesa che oggi 18 centri di alta ricerca, dalle università toscane alle realtà nazionali come Cnr e Enea, firmeranno con la Regione, durante la due giorni «Toscana Tech» che parte stamani al Palazzo dei congressi. L’occasione è un confronto tra aziende, esperti e istituzioni pubbliche sul futuro dell’industria 4.0, cioè l’introduzione della rivoluzione digitale per l’innovazione di processo e di prodotto. L’obiettivo è smettere di parlarne per passare alla diffusione di una cultura della «fabbrica intelligente». Con tutte le incognite e i dubbi che questo nuovo approccio porta per le possibili ricadute locali (il tema è quello dell’espulsione di intere «classi» da un lavoro che necessariamente deve essere sempre più qualificato e scientifico).
Ma la rivoluzione è già in atto. E molte delle aziende che costituiscono la spina dorsale della nostra economia, cioè le piccole e medie imprese, corrono il rischio di non essere in grado di prenderne parte, rinunciando di fatto a competere: sono sottocapitalizzate, male atavico delle Pmi italiane, non possono investire le cifre necessarie in ricerca e sviluppo, o almeno non possono farlo al pari delle «big».
La Regione Toscana ha così pensato di presentare proprio oggi a «Toscana Tech» questa intesa con 18 realtà (tutte le università toscane, la Normale e il Sant’Anna di Pisa, l’Imt di Lucca, il Cnr, l’Istituto italiano di tecnologia, quello di Fisica nucleare, di astrofisica, di Geologia e Vulcanologia, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’Enea) un’intesa che «apre le porte» dei loro laboratori alle imprese «con particolare attenzione alle Pmi e alle start up innovative».
E mette in campo un intenso lavoro per capire le necessità delle imprese dal punto di vista dei profili del personale e delle competenze, verificare quanto stanno facendo l’università e le scuole superiori per formare gli studenti, ed offrire poi percorsi di alta formazione, borse di studio e dottorati.
I centri di ricerca insomma aprono le porte della conoscenza, le aziende provano a far capire di cosa hanno realmente bisogno, con la Regione e l’Irpet che studiano le tendenze. La Regione punta ad un utilizzo mirato e più efficace dei fondi europei e degli altri strumenti, anche nazionali, previsti nel piano Industria 4.0 finanziato dal governo.
La firma è solo il primo step, per un territorio dove già (dati 2014, ricerca «La fabbrica intelligente» per Irpet) ci sono 1.163 imprese assimilabili al concetto di «fabbrica intelligente». Un mondo che produce un fatturato complessivo di 18,1 miliardi di euro (sempre nel 2014). Il dato positivo è che l’81% è costituito da imprese toscane, il 15% ha sede in Toscana e il 5% ha filiali anche fuori, per un numero com- plessivo di impiegati pari a 45 mila unità. La maggior parte (il 59%) è impiegata proprio in Pmi, solo il 41% in una delle 27 grandi imprese (sopra 250 dipendenti) della regione. E di questi 45 mila dipendenti, circa 10 mila si occupano di ricerca e sviluppo.
Questa robusta base di partenza, unita ai numerosi centri di ricerca universitari e di alto livello presenti in Toscana (e ad alcuni grandi player, principalmente multinazionali come Ge, Hitachi Italia, Thales e molti altri), può veramente far sperare che anche la nostra regione possa attaccarsi alla quarta rivoluzione industriale, fatta di robot, big data, internet delle cose. Ma allo stesso tempo restano da vincere le sfide del cambiamento: a partire da quella sull’occupazione. Ben più di uno spettro che si aggira per l’Europa, se si pensa che il World economic forum ha stimato in 5 milioni di posti di lavoro la perdita che potrebbe scaturire da questa innovazione. Ma anche un gigante dell’innovazione come Elon Musk (Tesla, SpaceX, SolarCity) ha ipotizzato la necessità di un «reddito di cittadinanza» per chi perderà il lavoro a causa dei robot (e Bill Gates ha proposto una tassa sui robot per finanziarla).
Un allarmismo che fa tornare indietro alle allerta lanciate da John Maynard Keynes negli anni ‘30: ma quello che in realtà più preoccupa è la fase di transizione, nella quale il personale meno qualificato avrà enormi difficoltà a «riadattarsi» alle nuove modalità di gestione e produzione. Insomma, oltre alla «fabbrica», ad essere intelligente dovrebbero anche essere la politica, le istituzioni, il welfare, la scuola, l’università.
Numeri Nel territorio toscano ci sono già 1.163 imprese «intelligenti», per un fatturato complessivo di 18,1 miliardi di euro al 2014