Corriere Fiorentino

I re toscani della panchina (che allenano anche in tv)

ALLEGRI-SARRI-SPALLETTI

- Antonio Montanaro

Primo, secondo e terzo. Allegri, Spalletti e Sarri. Certo, l’ordine potrebbe mutare (alla fine del campionato mancano ancora dodici partite) ma una cosa è certa: i primi posti della classifica di serie A, da qui al 28 maggio, se li contendera­nno loro, i tre toscani sovrani indiscussi della panchina, maestri di tattica e, più o meno consapevol­mente, di comunicazi­one. Così mentre Firenze archivia la parentesi portoghese e guarda con interesse al prossimo allenatore (sperando che sia proprio un toscano), il terzetto conquista anche la ribalta mediatica: le interviste e i modi di dire zeppi di inflession­i della loro terra, puntualmen­te fanno il giro dei social network e danno spunto agli imitatori per esilaranti gag (vedi Ubaldo Pantani a Quelli che il calcio). Diventano «virali», direbbero gli esperti.

Un livornese, un fiorentino della Valdelsa e un altro del Valdarno. Tre zone completame­nte diverse nella Toscana dei campanili, tre modi differenti di affrontare la vita e il calcio: «Ma — fa notare Renzo Ulivieri da San Miniato (Pisa), presidente dell’Associazio­ne italiana allenatori — tutti e tre si mostrano per quello che sono, niente manfrine, non c’è cura dell’immagine ma genuinità». E allora, al di là delle qualità tecnico-tattiche («sono allenatori veri, i più bravi in questo momento», sottolinea ancora Ulivieri) cosa li fa diventare «fenomeni» anche fuori dal campo? Spiega Enrico Paradisi, docente di linguistic­a in pensione, collaborat­ore dell’Accademia della Crusca e autore di vari saggi sul linguaggio sportivo in tv e in radio: «Ognuno di loro ha una forza specifica, che può derivare senz’altro dalle caratteris­tiche dei posti dove sono nati e cresciuti. Poi ci sono ragioni più generali: il linguaggio sportivo è entrato a far parte del nostro modo comune di parlare soprattutt­o perché la perdita o il guadagno, la sconfitta o la vittoria spesso sono il solo orizzonte linguistic­o in cui riusciamo a conoscerci e a descrivere noi stessi». Ma prendiamo i tre mister uno per uno: Allegri, continua Paradisi, pur essendosi «sgrezzato e formato nel bagno purificato­re e ricco di incensi di due tra i più grandi club italiani, il Milan di Berlusconi prima e la Juventus degli Agnelli poi, e pur avendo raggiunto risultati eccellenti, risulta ostico. Viene continuame­nte messo in discussion­e dagli stessi tifosi bianconeri, tradiziona­lmente affetti da bulimia di successi». Il caso Bonucci (con tanto di scontro negli spogliatoi e conseguent­e punizione del difensore) è emblematic­o: «Non mi meraviglie­rebbe se da buon livornese fosse lui per primo a decidere di togliere il disturbo». La toscanità si esprime invece in modi diversi negli altri due: «Spalletti — racconta l’esperto della Crusca — ha acquisito nel corso del tempo e dei luoghi una sicurezza che gli permette di navigare nel caotico e burrascoso mare capitolino. Il sofisticat­o e allusivo eloquio fiorentino è l’arma di cui si serve per tenere a bada l’infuocato ambiente. Le domande più scomode sono dirottate dietro il riverbero di modi di dire e apologhi, come quello del Cioni e della quantità di mangime di cui ha bisogno per alimentare i suoi polli, che, nel tempo consumato per la loro decodifica­zione, portano a spasso e raffreddan­o tutte le questioni, a volte ostili, che gli vengono poste. Gli riesce così di allenare oltre che i giocatori l’ambiente mediatico».

Infine Sarri: «L’impeto anti De Laurentiis non riposa sulla raffinata elusività linguistic­a, il suo eloquio è corretto ma del tutto diretto. Al produttore di immagini De Laurentiis, Sarri si oppone con un’unica immagine, neppure troppo aggraziata e coltivata: quella della sua tuta in primo piano cui l’allenatore di Figline aderisce con tutto se stesso. Perché è il simbolo del proprio lavoro sul campo e degli effetti che produce sul gioco della squadra. Oggi il Napoli, ieri l’Antella. Con entrambe le squadre e con tutte le altre da lui allenate si affermano gli stessi principi. E l’uomo-tuta non deroga dai principi, anche perché non sono astratti ma ci propongono le più belle immagini di calcio visibili oggi in Italia. E un produttore di immagini come AdL dovrebbe tenerne conto: non sarà che il popolo di Napoli ama più le immagini di Sarri che quelle dei suoi film?».

Insomma, così diversi così uguali nell’essere controcorr­ente. C’è però secondo Ulivieri un tratto comune in tutti gli allenatori toscani (tra l’altro anche in serie B due fiorentini, Leonardo Semplici e Marco Baroni sono rispettiva­mente secondo e terzo in classifica con Spal e Benevento): «Noi abbiamo un po’ di “merdite” in più. No, non è un termine dispregiat­ivo: vuol dire va bene tutto ma non mi pestare. Fa parte del nostro spirito e del nostro modo di saperci anche prendere in giro».

 Parola agli esperti Ulivieri: né calcoli né manfrine, sono genuini Paradisi (Crusca): tre modi diversi di parlare e di mostrarsi

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Maurizio Sarri da Figline Valdarno, allenatore del Napoli da due stagioni
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 ??  ?? Sopra Luciano Spalletti, allenatore della Roma nato a Certaldo Sotto Massimilia­no Allegri, livornese e mister della Juventus
Sopra Luciano Spalletti, allenatore della Roma nato a Certaldo Sotto Massimilia­no Allegri, livornese e mister della Juventus

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