Zalaffi, una Pantera d’oro
Senese, unica schermitrice toscana ad aver vinto i Giochi, sul podio arrivò col fazzoletto della Contrada. E scoppiò il caso
innesti pregiati di Diana Bianchedi e Giovanna Trillini sul blocco «coreano» composto dalla veterana Dorina Vaccaroni, da Francesca Bortolozzi e dalla Zalaffi, quest’ultima reduce dallo stagionale successo individuale nella Coppa del Mondo e in stato di grazia agonistica. A dire il vero per Margherita, alla sua terza apparizione olimpica (avrebbe chiuso l’esperienza a Sidney 2000 dopo cinque partecipazioni filate) e prima azzurra a raggiungere questo traguardo, Barcellona si preannunciava anche come un’occasiona unica per offrire un atto d’amore alla propria terra e alle proprie radici. Una medaglia d’oro, che tutti consideravamo ormai matura, avrebbe rappresentato il primo oro toscano olimpico al femminile nella scherma (dopo i 30 metalli pregiati degli uomini), e il primo oro senese marchiato con i cinque cerchi.
La XXV edizione dei Giochi sarà ricordata come una bellissima festa di sport e di colori — 169 rappresentative e 9.385 atleti immersi nella contagiosa euforia catalana — oltre che per l’inizio di una leggenda animata da un nuovo protagonista: il fioretto femminile. L’impresa tenne incollati alla tv centinaia di migliaia di tifosi e di sportivi. Fu un successo che incantò, che emozionò, che commosse. Dentro il Palazzo della Metallurgia l’Italia travolse la Polonia e la Corea del Sud nella fase preliminare con identico punteggio (9-1), quindi martedì 4 agosto 1992 completò la cavalcata verso l’oro liquidando prima l’Ungheria nei quarti (9-2), poi la Romania in semifinale (9-3) e infine la Germania della micidiale Anja Fichtel-Mauritz per 9-6. Margherita Zalaffi contri- buì a quello strepitoso risultato con la classe, il coraggio, l’esuberanza atletica che avevano accompagnato la sua carriera, dagli esordi all’Accademia d’Armi di Siena fino all’allora club di militanza, la Società del Giardino Milano. In un concentrato di sfide ravvicinate in pedana, la schermitrice senese lasciò per strada solo un assalto (contro la tedesca Sabine Bau), vincendone 15, e rendendosi protagonista nella sfida decisiva per l’oro di una stupenda rimonta (da 1-4 a 5-4 contro l’altra tedesca Eva-Zita Funkenhauser) che spianò la strada verso il trionfo tricolore.
Il 4 agosto 1992 non segnò solo una data storica per l’Italia femminile della scherma. Segnò anche una data memorabile per la città del Palio. Al momento delle premiazioni, con le «lame» azzurre pronte a ricevere la medaglia, Margherita Zalaffi si legò al collo il fazzoletto della Contrada e salì sul podio. La Pantera, dopo aver lottato fino all’ultima stoccata, adesso stava ruggendo di gioia. Poi fu meritata movida fino alle 4 del mattino, tra un salto in discoteca e un bagno di gruppo nella fontana del villaggio olimpico.
Ma nei giorni seguenti, il gesto istintivo compiuto sul podio da Margherita rischiò di alimentare un vero e proprio caso olimpico. A innescare la miccia della polemica fu una semplice lettera aperta scritta da un cittadino e ripresa da alcuni quotidiani, nella quale si accusava la Zalaffi di inopportuno protagonismo, di aver indossato un simbolo non conforme al rigore e ai principi del cerimoniale dei Giochi. Giunse il rimprovero ufficiale del mondo sportivo. E giunse, puntuale e decisa, la risposta di Siena.
Un città intera si strinse più che mai in difesa della sua giovane atleta. Margherita Zalaffi, con un fazzoletto di contrada portato al collo come una seconda medaglia, aveva compattato il popolo senese nel nome della vittoria. In un giorno dell’estate del 1992, l’emblema di una singola Contrada aveva avuto il potere magico di annullare secolari rivalità paliesche e di riaccendere l’orgoglio di una città che per prima volta nella storia saliva agli onori dalle cronache olimpiche. «Rifarei tutto ciò che feci a Barcellona, perché fu un gesto che i miei concittadini apprezzarono, e per il quale mi ringraziarono a lungo», ricorda Margherita.
Dopo tre podi olimpici (argento a Seul 1988 e oro a Barcellona 1992 nel fioretto a squadre, argento ad Atlanta 1996 con la spada a squadre), un successo individuale in Coppa del Mondo, sette medaglie tra Mondiali ed Europei e quattordici titoli assoluti italiani, la Pantera della pedana si è ritirata dall’attività agonistica. Non ha reciso il legame con Siena, lo ha solo allentato di alcune centinaia di chilometri. Oggi Margherita vive a Viareggio, dove è passata all’insegnamento e dove nel 1998 ha fondato il Club Scherma, una palestra per tutte le «lame», dai 5 ai 90 anni. «Un po’ di tempo fa durante una mascherata del Carnevale è comparsa, insieme ad altre figure sportive, anche quella di uno schermitore, segno che la nostra disciplina sta affermandosi in questa parte della Toscana», ammette con una punta di soddisfazione. Confessa di seguire in tv l’attuale Dream Team del fioretto femminile delle giovani toscane Martina Batini e Alice Volpi, nato 26 anni fa grazie all’oro di Margherita.
Piuttosto che voltarsi indietro, preferisce guardare avanti. «È — spiega — dall’agosto del 1992 che non sono più tornata a Barcellona, mi sono promessa di farlo solo per festeggiare un’occasione speciale, che finora non si è presentata. La verità è che non voglio intaccare il ricordo di una giornata indimenticabile».