Corriere Fiorentino

SPACCIO E CRIMINALIT­À SI COMBATTONO CON PERIFERIE NUOVE

- Di Gaspare Polizzi

Risalgono appena a domenica scorsa, in pieno centro, le ultime due aggression­i notturne con rapina a due donne sole. La diffusione sempre più pericolosa di spaccio, violenza e delinquenz­a in alcune zone di Firenze, denunciata e descritta su questo giornale, dalle Cascine a Santo Spirito, da Via Palazzuolo a Piazza Indipenden­za, da Via Baracca a San Salvi, ha portato il questore e il sindaco in piazza. Giovedì scorso il questore Alberto Intini ha parlato in Santo Spirito con residenti e commercian­ti, scartando la richiesta dei vigilantes – «non servono, alla nostra protezione ci pensiamo noi» – e confermand­o l’impegno contro gli spacciator­i. Nardella è andato sabato alle Cascine, per promuovere una forte iniziativa politica, basata sul rispetto della legalità e sull’impegno per la sicurezza. «La legalità è un valore inderogabi­le» e «la sicurezza è di sinistra»: due slogan efficaci per riconquist­are il consenso di una cittadinan­za che rischia di chiudersi nella paura o peggio ancora di accumulare verso “chi comanda” un risentimen­to che si può trasformar­e in odio.

Il questore e il sindaco possono affrontare, e risolvere, i due aspetti di uno stesso problema. Innanzitut­to il conflitto con la delinquenz­a organizzat­a, in una città lontana dalle grandi banlieues di Parigi o dal Bronx. Il controllo del territorio è una questione di ordine pubblico, essenziale e preliminar­e per riportare sicurezza in città. La diffusione dell’insicurezz­a nelle strade fiorentine è un effetto perverso della globalizza­zione. Di quella stessa globalizza­zione che provoca il degrado visibile nelle zone centrali e più belle di Firenze, legato allo spostament­o in massa di turisti che arrivano da tutto il mondo e alla scomparsa dei suoi tradiziona­li abitanti. Qui diventa importante l’azione del sindaco. Senza cittadini non c’è città. Non è un caso che sono le aree del centro a interessar­e maggiormen­te gli spacciator­i, perché lì i residenti sono ben al di sotto della massa critica, rispetto a chi le frequenta. E l’esercito degli spacciator­i e degli acquirenti è composto da figure sociali ben note. Da un lato troviamo quel 40% di giovani toscani che usa o ha usato stupefacen­ti. Dall’altro, tra i soldati semplici dello spaccio, ci sono spesso gli immigrati. La presenza riscontrat­a in questi giorni di senegalesi e somali tra gli spacciator­i fiorentini è un indice del fallimento della politica dell’accoglienz­a. E lo stesso Nardella ha puntato il dito sull’eccessiva presenza di immigrati in alcuni rioni di case popolari.

Esemplare la vicenda dell’occupazion­e dai 95 somali del palazzo dei Gesuiti in via Spaventa. Scartata, per volontà di padre Brovedani, la via «facile» dell’ordine pubblico, sono calati il silenzio e l’indifferen­za, senza che ancora si concretizz­ino proposte efficaci di accoglienz­a. Qualcuno tra questi somali domani si potrebbe dedicare al lucroso commercio della droga. Il cerchio si chiude. Chi era arrivato in Italia con la speranza di migliorare le proprie condizioni in un Paese civile diventa strumento facile per i disegni della grande criminalit­à organizzat­a. Che trova clienti dove il tessuto sociale e culturale è lacerato. È necessario spezzare questo circolo vizioso e avviare quell’operazione urgente e delicata di rammendo proposta da Renzo Piano, non solo per le periferie.

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