«La mia città-banca pronta per il cinema»
Dopo il successo a teatro con il monologo su Mps, Elisa Porciatti lavora al film
A Zoe piacciono le parole, a Ummonte piacciono le monete e da grande vuole fare il bancario per «avere un monte di soldi per comprare un monte di monete». Zoe e Ummonte sono bambini, amici per la pelle tra i vicoli di Siena, la città-gioiello dove «le strade dovrebbero essere lastricate d’oro, è tutto certo e garantito, ti sposi, riscuoti e nel frattempo fai quello che ti pare e la catena va avanti, di generazione in generazione, come se non dovesse fermarsi mai». Attraverso i doppi sensi dei loro discorsi, raccontano un microcosmo di piccole storie, specchio della storia più grande, quella della città-banca al capezzale del Babbo Monte che sta morendo. La voce narrante è di Elisa Porciatti, da sola in scena per oltre un’ora, immobile con un quadernino in mano come Sallustio, la statua di fronte alla sede storica del Monte dei Paschi che tutto guarda e vede passare. Attrice, senese, sette anni trascorsi in banca prima di licenziarsi (in tempi non sospetti) per intraprendere la carriera artistica, Porciatti ha scritto e interpreta questo suo monologo, intitolato appunto Ummonte, menzione d’onore al Premio Scenario 2013 e adesso pronto a diventare un film. In quel testo – surreale, ironico, a tratti malinconico come può essere lo sguardo di chi ha vissuto da vicino la crisi di un sistema – c’è il racconto per immagini degli ultimi dieci anni di Siena.
«Quando mi sono innamorata della drammaturgia e ho deciso di scrivere – spiega l’attrice – sapevo di dover partire dalla mia storia, dare pace al mio passato di bancaria e chiedermi cosa avesse davvero valore, per me, nella vita. Zoe e Ummonte mi appartengono entrambi, sono due parti di me che dialogano». E il dialogo funziona. Se ne accorgono al Premio Scenario e, via via che il caso Mps esplode, il testo diventa sempre più aderente, senza mai trascendere nel teatro d’inchiesta ma conservando, invece, questo alone tagliente e surreale che non dichiara, ma lascia intendere senza dubbio alcuno. Adesso, il soggetto per farne un film è pronto.
Intuendone il potenziale cinematografico, Elisa si è buttata per due anni nella scrittura: «Ho trovato uno sceneggiatore, Guglielmo Enea, che mi ha adottato con un atto di grande generosità; poi Giuseppe Gori Savellini mi ha aiutato nella sferzata finale, andando fino in fondo a questa nota surreale della favola che per me è l’unico modo di affrontare questo tema». E proprio la favola, allora, potrà rispondere a quell’interrogativo di fondo, cosa ha davvero valore nella vita, le parole o le monete? Serve solo un produttore pronto a crederci, a raccontare questa storia di autenticità e relazioni, di denaro e arte, che è molto più universale dell’espediente che l’ha generata.