Vivere meglio la sclerosi, una speranza da Firenze
Massacesi (Careggi) nel team che ha scoperto una cura contro la cecità indotta dalla malattia
Scenari Lo studio apre alla possibilità di uno stop alla degenerazione non solo per gli occhi
Una terapia per proteggere la mielina del nervo ottico nei malati di sclerosi multipla. E per aiutarli a mantenere la vista, forse a recuperarla.
È una delle speranze che si aprono grazie a una team di ricerca internazionale di cui ha fatto parte il professor Luca Massacesi, neurologo di Careggi e ordinario del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Firenze. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista scientifica inglese Lancet Tecnology, una tra le più autorevoli al mondo. Uno studio che apre la strada alla cura di tutte le forme di demielinizzazione. Tra le conseguenze della sclerosi multipla c’è la neurite ottica retro bulbare che provoca l’infiammazione della guaina che avvolge il nervo ottico, composta da mielina, provocando una riduzione della conduzione elettrica e quindi della velocità con cui corre l’«informazione» tra occhio e cervello. Il farmaco biologico Opicinumab (creato grazie colture che hanno riprodotto molecole analoghe a quelle umane) «è il primo ad aver determinato evidenze sperimentali dirette nell’uomo di poter proteggere dalla demielinizzazione», spiega Massacesi. Il farmaco ha prevenuto almeno in parte la perdita di mielina tipica della malattia e lascia sperare che possa indurre anche la «rigenerazione della struttura». L’importanza della ricerca va ben oltre lo specifico settore preso in esame dall’equipe internazionale di scienziati: «Il nervo ottico è stato scelto perché è ben studiabile attraverso gli strumenti, ma riteniamo che, se questo tipo di terapia è applicabile su questo specifico fronte, lo possa essere in qualunque altra sede: l’obiettivo è di arrivare a curare ogni tipo di demielinizzazione, anche al midollo spinale, al cervello».
Insomma, lo studio sostenuto dall’Università di Firenze «rappresenta una delle prime dimostrazioni sperimentali del principio che la neuroprotezione, uno dei più ambiziosi, ma finora elusivi, obiettivi della ricerca farmacologica, almeno in alcune forme è perseguibile anche nell’uomo».