IL B&B DI LAURA (L’ALTRA LOCANDIERA)
La Morante, con la regia di Andò, è alla Pergola con una Mirandolina dei giorni nostri Un testo che ha preso spunto dal classico di Goldoni ed è stato riscritto da Edoardo Erba L’attrice: «Allora la donna salvaguardava il decoro, ora c’è più cinismo nei r
Da qualche parte in Toscana, in un’antica villa che sta per essere trasformata in albergo, Mira si ritrova coinvolta in una strana cena organizzata dal marito con ambigui uomini d’affari. Lui non si è presentato e tocca a lei gestire una serata di cui non capisce clima e finalità. Il suo unico punto di riferimento, il contabile della società, a metà della cena se ne va senza spiegazioni, lasciandola in balia degli ospiti. Finché arriva uno sconosciuto che le chiede una stanza per riposare. I due sembrano irresistibilmente attratti e Mira si appoggia a lui per affrontare una situazione al limite del lecito, mentre via via si aprono squarci inquietanti sulle attività del marito assente. Col procedere della notte, il gioco si fa sempre più pericoloso e ineluttabile. Ma che parte ha Mira? Davvero è così ingenua e sprovveduta come ci ha lasciato credere?
È uno strano incrocio tra Carlo Goldoni e Agatha Christie Locandiera B&B, lo spettacolo in scena alla Pergola (che lo ha coprodotto insieme a Nuovo Teatro) dal 14 al 19 marzo, con protagonista Laura Morante, per la regia di Roberto Andò. I due, che negli ultimi anni hanno stretto un felice sodalizio sia in teatro che al cinema, stavolta si sono confrontati con una nuova liberissima rilettura di un grande classico, quella operata dallo scrittore e drammaturgo Edoardo Erba. Di fatto, a parte i nomi dei personaggi e alcuni elementi narrativi (come, per esempio, il personaggio di Riva, cha appare ispirato alla figura del Cavaliere di Ripafratta), ben poco è rimasto dell’originario testo goldoniano.
«L’idea alla base è quella de La locandiera — ci racconta Laura Morante — e se dovessi confrontare le due protagoniste, Mirandolina e Mira, potrei dire che sono due donne molto differenti: la prima è una ragazza scaltra, accorta, manipolatrice, la seconda è invece una donna matura ma ingenua, una sprovveduta succube di un marito che viene costantemente evocato, ma che in scena non appare mai. Tuttavia con il procedere della vicenda questa differenza si riduce, perché Mira prenderà coscienza di sé e della realtà che gli sta attorno, rivelandosi molto più ambigua di quanto si possa pensare». Questo sottile gioco delle parti passa anche da una questione di tipo «morale»: «Al tempo di Goldoni una donna doveva comunque salvaguardare decoro e onorabilità, oggi invece sono spregiu-
dicatezza e cinismo a regolare i rapporti tra le persone e questo vale sia per le donne che per gli uomini. Rispetto alla versione iniziale che Erba ci aveva proposto, io e Andò abbiamo insistito per dare più spazio a questo tema più “contemporaneo”, e così tutto ha preso un tono più noir. Le reticenze, le omissioni, i vuoti di senso disseminati nel testo rispondono a questa impostazione drammaturgica».
Il lavoro sulla lingua è una delle caratteristiche più originali: «Erba aveva scritto l’intero testo in italiano, però sia io che Andò sentivamo la mancanza di un qualche elemento di leggerezza – racconta Laura Morante – Così abbiamo deciso di sfruttare le mie origini toscane per innestare nel testo delle parti in cui la mia inflessione potesse donare maggiore godibilità alla vicenda. Quello che mi si sente parlare però è un toscano inventato, che non corrisponde a nessuna precisa cadenza, ma è una sorta di “esperanto”, una lingua della finzione teatrale. E fa parte un po’ dello spirito di questo lavoro. Alla fine non si tratta che di un divertissement sulle tracce di Goldoni...».