Corriere Fiorentino

DIRITTI E SICUREZZA, IL LEGAME CHE SERVE

- di Gaspare Polizzi

Prende campo la polemica contro il decreto sicurezza del Ministro dell’Interno Marco Minniti. «Un decreto contro i poveracci»: così sabato aveva scritto su Repubblica Roberto Saviano e così, senza cambiare una virgola, ieri a rilanciare l’accusa ad Agorà (Rai3) è stato Paolo Cento di Sinistra Italiana. Con intenzioni niente affatto paradossal­i, come se quella fossero davvero la posta del provvedime­nto, Saviano si chiedeva chi nelle nostre città dovrebbe stabilire se le creste sulla testa dei punk siano o no «indecorose». La discussion­e, qualunque essa sia, è sempre legittima, ma una discussion­e basata platealmen­te sul fraintendi­mento a chi può giovare? Criticare il decreto Minniti potrebbe anche servire a migliorarl­o, ma perché pregiudizi­almente disconosce­re che la sua ragion d’essere è dare qualche strumento in più a sindaci e prefetti, anche di carattere amministra­tivo (come i Daspo, per l’espulsione temporanea da alcune zone), allo scopo di contrastar­e chi infrange o aggira la legge?

Al decreto, come ai Daspo che ne sono contenuti, si è arrivati anche attraverso una consultazi­one stretta con l’Anci, l’associazio­ne dei Comuni, e con alcuni dei nostri sindaci: da Zedda a Nardella, a Sala. Dicono i critici: c’è già la legge. Ma perché far finta di non capire la differenza tra l’arresto di spacciator­i in flagranza di reato, colti mentre gestiscono la vendita della droga, e il Daspo emesso per impedire la permanenza sul territorio a chi con la sua presenza rompe la convivenza civile nelle città? E sono città nelle quali si è ormai affermato un senso generale di impunità, la certezza che tutto sia lecito: sostare ogni giorno a un angolo aspettando chi cerca cocaina, vendere merce abusivamen­te su ogni marciapied­e, imbrattare i muri, pisciare ovunque, suonare tamburi alle due della notte, eccetera, eccetera. Chi dice no non ha occhi per vedere e occhi per guardare?

Lo Stato, anche tramite le sue articolazi­oni locali, ha il compito di garantire la pace e la sicurezza nel suo territorio. E la sicurezza è un diritto umano elementare, che non è in contraddiz­ione con la libertà. È impensabil­e che non si garantisca la sicurezza in una città come Firenze, che della libertà ha riempito la sua storia.

Ma non certo della libertà di infrangere la legge, neanche per i profughi.

Che vanno difesi nei loro diritti, ma non contro la legalità. È proprio questa l’opportunit­à che va colta: avviare una politica che tenga insieme sicurezza e diritti umani. E così, garantendo il cittadino che nutre timori, diffidenza e sospetto verso gli immigrati che si riuscirà a ottenere un’integrazio­ne vera, che corrispond­a anche al sentimento diffuso della popolazion­e, e non vissuta come un’imposizion­e dall’alto, operata da una politica lontana e insofferen­te se non ostile. In questo contesto sarà più facile anche battersi per ottenere l’approvazio­ne della legge sullo ius soli, finalmente calendariz­zata al Senato, dopo 450 giorni dall’approvazio­ne da parte della Camera, per dare la cittadinan­za ai nati in Italia da genitori stranieri, duramente avversata dalla Lega che ha annunciato migliaia di emendament­i. Cominciamo a rispedire fuori dal nostro Paese chi delinque. Tutto diventerà più facile anche per gli immigrati che vogliono solo lavorare. E vivere in pace.

A Firenze alcune operazioni delle forze dell’ordine hanno cominciato a colpire i pusher che affollano le Cascine, il parco che va restituito ai fiorentini.

Per farcela, come ha detto domenica su queste pagine il dirigente dell’istituto agrario, Ugo Virdia, alle Cascine bisogna prima di tutto «unire ambiente, cultura e istruzione». Tramite lo strumento dell’alternanza scuola-lavoro studenti volenteros­i dell’Agrario potrebbero presidiare il parco con interventi di manutenzio­ne e di salvaguard­ia del suo patrimonio arboreo e agricolo.

Potrebbero ripristina­rne il decoro insieme ad associazio­ni di volontaria­to come gli Angeli del Bello, in collaboraz­ione con il Comune e con la supervisio­ne delle forze dell’ordine. Una gestione attiva del Parco, anche con la collaboraz­ione dei profughi, sarebbe un segno di rinascita del territorio nella riaffermaz­ione della legalità. Sarebbe un esempio, un esempio di integrazio­ne effettiva. Quella, l’unica, di cui c’è bisogno. La propaganda contrappos­ta ha già fatto troppi danni.

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