Il boss del 5 per cento condannato 18 volte «Questa è roba mia»
«Il porto è mio, ci faccio quello che mi pare». Così parlava Riccardo Del Vivo, pregiudicato di 67 anni, figura di spicco della malavita livornese fin dagli anni Settanta, da ieri nuovamente in carcere. Nella collezione di 18 condanne spicca quella a 24 anni per un omicidio commesso nel 1984. Anche in virtù di quel curriculum di tutto rispetto Del Vivo si era accreditato come unico referente per i clan della ‘ndrangheta per le operazioni illegali da svolgere al porto di Livorno. Per gli inquirenti era lui la mente di tutto. Veniva ricompensato dalle cosche con 20 mila euro al mese che in più gli cedevano il 5 per cento della droga in arrivo dalla Colombia — cocaina fino al 90 per cento di purezza — e che usciva dal porto di Livorno grazie alla sua rete di portuali. Quando un carico di droga, per un errore, finisce al porto di Catania, è lui che parte per cercare di recuperarla. La casa di Del Vivo nel centro di Livorno, hanno appurato le indagini, era diventata il quartier generale dell’organizzazione. Lì avvenivano gli incontri operativi del gruppo, lì gli «scagnozzi» prendevano ordini, lì doveva venire custodito per una notte il prezioso carico di droga, vigilato da persone armate, prima della consegna alla cosca. Sempre molto attento nell’uso del telefono, usa un linguaggio criptico nel timore di essere intercettato: «Dove te la porto la bimba?» chiede a un suo complice. Non basta neppure l’arresto a fermare Del Vivo. Quando a maggio finisce in carcere e poi a giugno agli arresti domiciliari, lui prosegue come se niente fosse nella sua attività. I suoi «soci» si recano quotidianamente da lui per prendere direttive. E nel corso di un incontro a casa sua con due persone dall’accento calabrese — incontro registrato dagli investigatori — lui dà il consenso a ricevere la droga con due diverse spedizioni e programma il recupero di un carico di sigarette arrivate al porto di Livorno. E da vero boss, nel dividere i proventi del traffico di droga, non dimentica neppure «qualche amico caduto in disgrazia». Per questo dà disposizione che 5 mila euro vengano consegnati a un amico finito agli arresti domiciliari.