Verde, rossa e articolata Ecco la bandiera degli ex Pd
Presentato il logo degli scissionisti, un altro capitolo nella storia complicata dei simboli della sinistra
Sui social network sventola da ieri sera. «Ecco il simbolo di Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista», scrive su Facebook il governatore Enrico Rossi poco dopo il lancio del logo della nuova forza politica creata dagli scissionisti del Pd e dai fuoriusciti di Sel. Al Tempio di Adriano a Roma, luogo scelto per la presentazione, arrivano tutti i big (da Massimo D’Alema a Pier Luigi Bersani) e un bel pezzo della Toscana scissionista. Oltre a Rossi, i sei parlamentari passati al nuovo movimento, che subito dopo la fine dell’iniziativa condividono sui social network quasi in simultanea il nuovo logo, e Michele Ventura, ex deputato e dalemiano doc. Dal palco però parlano D’Alema (per un ricordo di Alfredo Reichlin) e Roberto Speranza, ma non Rossi, che viene chiamato insieme a tutti gli altri leader al momento dello svelamento del simbolo. Perché, dice Speranza, «qui non c’è l’uomo solo al comando». Tradotto: non siamo più nel Pd di Renzi. Che però fa capolino nei colori scelti dagli scissionisti: il verde e il rosso, nettamente predominante (anche se in una nota il nuovo movimento tiene a specificare che «i colori richiamano quelli della Repubblica italiana»: stessa scelta fatta dal Pd alla sua nascita, per l’appunto).
Vent’anni fa, dopo un’altra scissione a sinistra, quella dei fuoriusciti da Rifondazione Comunista che non condividevano la scelta di far cadere il primo governo Prodi e per questo costituirono i Comunisti Italiani, scoppiò una guerra del colore destinata a durare anni. I Comunisti Italiani scelsero infatti la falce e martello come simbolo, ma Rifondazione fece ricorso: «È troppo simile al nostro», dicevano gli uomini guidati da Fausto Bertinotti. Iniziò una battaglia legale che la Corte d’Appello di Roma risolse così: i Comunisti Italiani potevano usare la falce e martello, ma cambiando lo sfondo da bianco ad azzurro. Così fu, anche se Rifondazione continuò a presentare ricorsi su ricorsi (non accolti) fino a ben oltre l’anno 2000. E prima di quella scissione e di quella guerra dei simboli ce ne furono tanti altri, dalla vecchia «concorrenza» tra la falce e martello socialista e quella comunista dopo il congresso del 1921 a Livorno, alla rottura nel Partito Socialista che nel 1964 portò alla nascita del Psiup ....
«D’altronde la storia dei simboli della sinistra italiana è quella di una dispora infinita», dice Massimiliano Panarari, professore di Analisi del linguaggio politico all’Università di Modena e Reggio Emilia e consulente di comunicazione politica, che confessa di essere colpito dalla scelta del neonato Movimento di Bersani, D’Alema e Rossi. «Il loro simbolo è l’idea e infatti la dimensione grafica è assolutamente secondaria: non c’è nessun’altra forza politica che ha fatto questa scelta. La mia sensazione — dice Panarari — è che ciò sia dovuto al fatto che questo logo nasce da una sospensione, da un’attesa: quella di riunificarsi, dopo l’eventuale defenestrazione di Renzi, con il partito che hanno lasciato. Il logo sembra l’apostrofo tra questa avventura e il ritorno a casa». Altro elemento interessante, nota Panarari, è «la scelta di mettere la parola “uno” in maiuscolo, come a voler allontanare l’accusa di aver spaccato il vecchio partito e al contempo dare l’idea di una ripartenza». Però, a guardare bene il simbolo, la parola «uno» campeggia ma le lettere sono solcate da piccole spaccature, proprie del carattere stencil. Lapsus scissionista? «Non credo, sarebbe autolesionista da parte loro — sta allo scherzo Panarari — Piuttosto mi colpisce l’assenza della parola “partito”, non solo nel simbolo: da un lato è una paradossale sudditanza ai grillini, di cui si conferma l’egemonia culturale in questo momento storico, dall’altro sembra un gancio con la casa-madre lasciata, il Pd renziano che poco gradisce la forma-partito classica».
L’esperto Il logo sembra l’apostrofo tra la nuova avventura e il vecchio partito: è sospeso, come se stessero vivendo l’attesa di tornare nella vecchia casa, una volta caduto Matteo Renzi