Corriere Fiorentino

Verde, rossa e articolata Ecco la bandiera degli ex Pd

Presentato il logo degli scissionis­ti, un altro capitolo nella storia complicata dei simboli della sinistra

- Paolo Ceccarelli

Sui social network sventola da ieri sera. «Ecco il simbolo di Articolo 1 - Movimento Democratic­o e Progressis­ta», scrive su Facebook il governator­e Enrico Rossi poco dopo il lancio del logo della nuova forza politica creata dagli scissionis­ti del Pd e dai fuoriuscit­i di Sel. Al Tempio di Adriano a Roma, luogo scelto per la presentazi­one, arrivano tutti i big (da Massimo D’Alema a Pier Luigi Bersani) e un bel pezzo della Toscana scissionis­ta. Oltre a Rossi, i sei parlamenta­ri passati al nuovo movimento, che subito dopo la fine dell’iniziativa condividon­o sui social network quasi in simultanea il nuovo logo, e Michele Ventura, ex deputato e dalemiano doc. Dal palco però parlano D’Alema (per un ricordo di Alfredo Reichlin) e Roberto Speranza, ma non Rossi, che viene chiamato insieme a tutti gli altri leader al momento dello svelamento del simbolo. Perché, dice Speranza, «qui non c’è l’uomo solo al comando». Tradotto: non siamo più nel Pd di Renzi. Che però fa capolino nei colori scelti dagli scissionis­ti: il verde e il rosso, nettamente predominan­te (anche se in una nota il nuovo movimento tiene a specificar­e che «i colori richiamano quelli della Repubblica italiana»: stessa scelta fatta dal Pd alla sua nascita, per l’appunto).

Vent’anni fa, dopo un’altra scissione a sinistra, quella dei fuoriuscit­i da Rifondazio­ne Comunista che non condividev­ano la scelta di far cadere il primo governo Prodi e per questo costituiro­no i Comunisti Italiani, scoppiò una guerra del colore destinata a durare anni. I Comunisti Italiani scelsero infatti la falce e martello come simbolo, ma Rifondazio­ne fece ricorso: «È troppo simile al nostro», dicevano gli uomini guidati da Fausto Bertinotti. Iniziò una battaglia legale che la Corte d’Appello di Roma risolse così: i Comunisti Italiani potevano usare la falce e martello, ma cambiando lo sfondo da bianco ad azzurro. Così fu, anche se Rifondazio­ne continuò a presentare ricorsi su ricorsi (non accolti) fino a ben oltre l’anno 2000. E prima di quella scissione e di quella guerra dei simboli ce ne furono tanti altri, dalla vecchia «concorrenz­a» tra la falce e martello socialista e quella comunista dopo il congresso del 1921 a Livorno, alla rottura nel Partito Socialista che nel 1964 portò alla nascita del Psiup ....

«D’altronde la storia dei simboli della sinistra italiana è quella di una dispora infinita», dice Massimilia­no Panarari, professore di Analisi del linguaggio politico all’Università di Modena e Reggio Emilia e consulente di comunicazi­one politica, che confessa di essere colpito dalla scelta del neonato Movimento di Bersani, D’Alema e Rossi. «Il loro simbolo è l’idea e infatti la dimensione grafica è assolutame­nte secondaria: non c’è nessun’altra forza politica che ha fatto questa scelta. La mia sensazione — dice Panarari — è che ciò sia dovuto al fatto che questo logo nasce da una sospension­e, da un’attesa: quella di riunificar­si, dopo l’eventuale defenestra­zione di Renzi, con il partito che hanno lasciato. Il logo sembra l’apostrofo tra questa avventura e il ritorno a casa». Altro elemento interessan­te, nota Panarari, è «la scelta di mettere la parola “uno” in maiuscolo, come a voler allontanar­e l’accusa di aver spaccato il vecchio partito e al contempo dare l’idea di una ripartenza». Però, a guardare bene il simbolo, la parola «uno» campeggia ma le lettere sono solcate da piccole spaccature, proprie del carattere stencil. Lapsus scissionis­ta? «Non credo, sarebbe autolesion­ista da parte loro — sta allo scherzo Panarari — Piuttosto mi colpisce l’assenza della parola “partito”, non solo nel simbolo: da un lato è una paradossal­e sudditanza ai grillini, di cui si conferma l’egemonia culturale in questo momento storico, dall’altro sembra un gancio con la casa-madre lasciata, il Pd renziano che poco gradisce la forma-partito classica».

L’esperto Il logo sembra l’apostrofo tra la nuova avventura e il vecchio partito: è sospeso, come se stessero vivendo l’attesa di tornare nella vecchia casa, una volta caduto Matteo Renzi

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