Corriere Fiorentino

QUELL’ARCO È UN SIMBOLO DI CULTURA, LE MISURE NON CONTANO

- di Sergio Risaliti*

Caro direttore, in questi anni di terrore e di oscura intolleran­za, d’inquisizio­ne e d’iconoclast­ia, non è facile, non è comoda né scontata la nostra posizione di difensori della civiltà artistica e del patrimonio culturale occidental­e e mondiale. Un ministero rivendicat­o secondo ideologie dominanti da secoli a livello planetario. Da eredi dell’umanismo e dell’illuminism­o ci diamo il compito virtuoso di imporre il bene e come arcangeli ci armiamo di ogni strumento tecnologic­o, simbolico, giuridico, economico contro il male, contro le scellerate potenze distruttiv­e, contro i nemici della democrazia e del progresso. Un obiettivo che è tanto più raggiungib­ile, spendibile e condivisib­ile quanto più collettiva si fa la rimozione del passato, di quello che abbiamo distrutto, profanato, calpestato in nome di credi religiosi, di programmi politici, perfino di mode estetiche. Soprattutt­o in nome e per conto del profitto, che ha preteso il successo a ogni costo su scala globale.

Dovremmo sempre rammentare una delle tesi della Filosofia della Storia proposta da Walter Benjamin; quella in cui il filosofo descrive un celebre acquerello di Paul Klee, conosciuto come Angelus novus. Benjamin lancia un monito alle generazion­i future accusando il progresso reo di accumulare rovine su rovine. E non possiamo dimenticar­e che molti degli antichi capisaldi della civiltà sono stati eretti grazie alla sofferenza e alla fatica di schiavi, di una forza lavoro senza diritti, alla mercé del potere dominante, delle classi egemoni. La stessa funzione e forza simbolica di quel piccolo Angelo, la riscontria­mo in un altro capolavoro dell’arte novecentes­ca, penso a Guernica di Picasso. Sono tutti simboli fondamenta­li, immagini di cui abbiamo bisogno per combattere il mostro che abita dentro di noi, dove il noi accomuna tutti, quando in noi prevalgono prepotenza, cieca violenza, malvagità e cupidigia. Simboli specchiant­i, icone parlanti con cui fare i conti singolarme­nte e collettiva­mente per correggere il corso della storia e rimediare a errori e colpe, per de-costruire retoriche e modelli, prospettiv­e e valori che non hanno al centro la dignità dell’uomo, la pace, la fratellanz­a, la bellezza del pianeta. Difficile e impegnativ­o compito quello della difesa del patrimonio da parte di chi ha contribuit­o e ancora contribuis­ce a un progresso oppressivo, fin troppe volte scellerato, che non rispetta i corpi, gli spiriti, la terra comune. Purtroppo, dobbiamo constatare uno scontro di civiltà ancora in atto e forse di nuovo esasperato. Distrugger­e monumenti e alzare muri sono azioni violente che pesano sulla bilancia alla pari, azzerando il dialogo, la convivenza, l’apertura culturale come a Palmira, la città del multicultu­ralismo, la Sposa del deserto, laddove convivevan­o mondi diversi: l’origine aramaica, l’organizzaz­ione tribale, la cultura grecoroman­a.

Questo è il messaggio trasmesso nei giorni prossimi con la presenza di un rifaciment­o dell’Arco di Palmira posizionat­o in piazza Signoria. Abbiamo bisogno di simboli che funzionino come Meduse al contrario, per ripensare noi stessi e gli altri, per vincere il mostro che abita in noi, per generare riflession­i profonde e coraggiose quando troppo facilmente additiamo il nemico davanti a noi.

In merito alla lettera del professor Paolo Matthiae, pubblicata ieri dal Corriere Fiorentino, credo che l’arco in formato trasportab­ile che riproduce quello distrutto di Palmira — senza pretesa di essere a immagine e somiglianz­a dell’originale (che attiene solo al Dio della Genesi) — non vada giudicato sui centimetri, sulla filologia, sulla presunzion­e di perfezione, ma per il significat­o e il senso che assume tra i «giganti» del rinascimen­to. Un senso doppio e non univoco. Mettendoci pure in guardia da una futuro programma di ricostruzi­one (com’era e dov’era) quale anticamera di un nuovo egemone neocolonia­lismo, come è stato giustament­e fatto notare in più sedi. A questo servono certi simboli: a prospettar­e un futuro radicalmen­te diverso, non certo a far ritornare con la copia il mondo originale perduto o passato perché questo lo fa ingenuamen­te il cinema più spettacola­re.

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L’arco a Trafalgar Square
 ??  ?? La lettera dell’archeologo Paolo Matthiae sulla riproduzio­ne dell’Arco di Palmira a Firenze sul «Corriere Fiorentino» di ieri
La lettera dell’archeologo Paolo Matthiae sulla riproduzio­ne dell’Arco di Palmira a Firenze sul «Corriere Fiorentino» di ieri

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