Renzi e l’obbligo del bis Per non restare al circolo
Il congresso del Pd è già arrivato a metà, oggi si chiudono le votazioni nei circoli. Un risultato scontato: Renzi è vicino al 70% dei consensi. Ma a cosa servirà se non si ripeterà alle primarie?
Non se ne parla molto, anche perché il risultato era già scontato in partenza, ma il congresso del Pd è già arrivato a metà. Il 30 aprile ci saranno le primarie, aperte a chiunque versi due euro e sottoscriva una dichiarazione di voto per il Pd, ma in queste settimane si sono svolte le convenzioni di circolo, riservate ai soli iscritti, che si chiudono oggi. Matteo Renzi è ampiamente in vantaggio, seguono Andrea Orlando e Michele Emiliano. Per essere ammessi alle primarie, bisogna superare il 5% su base nazionale, oppure il 15% in 5 regioni. YouTrend, il centro analisi di Quorum, agenzia di comunicazione e di sondaggi, sta analizzando i risultati di queste convenzioni, cercando di capire come andrà a finire. Non potendo contare su dati ufficiali aggiornati, YouTrend ha tentato un esperimento, chiamato «openPData»: «Abbiamo chiesto ai nostri utenti di inviarci i dati provenienti dalle votazioni nei circoli, via mail oppure sui nostri canali social (Facebook e Twitter)». Era già stato provato al congresso precedente. Sono arrivati dati da centinaia di circoli, che naturalmente non costituiscono un campione statisticamente rappresentativo di quello che si sta svolgendo nella realtà. C’è anzitutto un problema di distribuzione geografica del campione. «Ad esempio, Emilia Romagna e Toscana sono nettamente sovrarappresentate rispetto alle regioni del meridione». YouTrend ha però elaborato tre scenari che ipotizzano la distribuzione finale del voto: 1) omogeneità tra la distribuzione dei voti in valori assoluti e la distribuzione dei circoli a livello regionale; 2) omogeneità fra la distribuzione dei voti e quella degli iscritti in ogni regione; 3) analogia fra la distribuzione dei voti del 2017 e quella del congresso del 2013. Facendo la media di queste tre ipotesi e del conteggio «grezzo», il dato finale dice che Renzi potrebbe arrivare al 68,8%, seguito da Orlando al 24,1 ed Emiliano al 7,1. Se i numeri fossero questi, si dimostrerebbe che il Pd è a tutti gli effetti diventato il PdR, il Partito di Renzi. Un partito nelle mani dell’ex segretario. In vista del 30 aprile, è un segnale interessante, ma significa anche che poi Renzi dovrà mantenere quel risultato anche a primarie aperte. A che servirebbe vincere con quasi il 70% fra gli iscritti e avere una percentuale inferiore, seppur vincente, fra gli italiani di centrosinistra? L’altra questione riguarda le Amministrative, il primo test per il nuovo segretario del Pd. Anche i renziani sono convinti che non andranno bene. Certo, l’impatto non è lo stesso di quelle dell’anno scorso, quando in ballo c’erano Milano e Roma, ma si vota pur sempre a Palermo (cosiddetta città-laboratorio, dove si fanno esperimenti che poi valgono sul piano nazionale), Genova (da sempre al centrosinistra), Catanzaro e L’Aquila. Gli scissionisti sono già lì che si leccano i baffi, e ogni riferimento a Massimo D’Alema è puramente voluto, e prevedono una sconfitta alle prossime amministrative. «Il Pd — dice il Conte Max — ha perso quasi tutte le elezioni che si sono succedute dopo quelle europee. Abbiamo perso Roma, Torino. Quindi mi pare una previsione che è ampiamente fondata sui fatti». Il Partito Democratico, aggiunge l’ex presidente del Consiglio, «tende a perdere una quota crescente del suo elettorato tradizionale e non ne conquista di nuovo, in particolare tra i giovani dove è più clamoroso il fallimento del renzismo». Il problema però sembra valere anche per D’Alema, che come al solito omette di raccontare qualche dettaglio che lo riguarda. «Libera» dal Pd, la sinistra non ha egemonia culturale e neanche elettorale, come si intuisce anche dai sondaggi. Tant’è che i molti leader della sinistra passano le giornate a commentare che cosa fa l’ex sindaco di Firenze. Se Renzi ha il problema di non essere più un outsider (e in effetti è così) oggi D’Alema e i suoi rischiano di essere soprattutto un’operazione di testimonianza. Tra qualche mese, nel duello con i populisti, vedremo chi sta peggio.
Tra gli iscritti l’ex premier vincerà agevolmente La sfida sarà confermare il risultato ai gazebo