Bimbi all’Opera Lalli: la lirica riscritta a misura di studenti (però con fedeltà)
Il progetto Da martedì va in scena «La piramide di luce» con e per studenti di elementari e medie Un format nato con Manu Lalli dieci anni fa: «Ritocco i libretti per divertirli, restando fedele all’originale»
Un bosco incantato incombe sulla scena del teatro dell’Opera di Firenze. Decine di sfumature di verde, dipinte da Daniele Leone, quasi a creare un labirinto di tronchi e di foglie, fanno da sfondo alla decima edizione di un piccolo miracolo: il progetto «All’Opera» di Venti Lucenti con 900 bambini sul palco a dare vita a un’opera lirica riscritta a misura della loro fantasia e capacità di concentrazione e attenzione.
Quest’anno, il decimo appunto, è la volta del Flauto magico di Mozart già proposto al Maggio con la regia di Damiano Michieletto in «versione adulta» e da martedì 4 a venerdì 7 aprile, sempre al teatro di viale Fratelli Rosselli, per e con i ragazzi sul palco, con il titolo di La piramide di luce secondo un’intuizione di Giovanni Vitali. È lui, responsabile della promozione culturale qui all’Opera, che ci spiega: «È stato un omaggio a Camilleri e al suo Montalbano della Piramide di fango». Regista dell’operazione, non solo in senso drammaturgico, ma come ideazione, riscrittura e formazione degli attori bambini è da sempre Manu Lalli che, insieme con il marito, Daniele Bacci, in tutti questi anni è andata su e giù per le scuole fiorentine e non solo a fare scouting per cantanti in erba. «Il mio lavoro — ci spiega durante una pausa delle ultime prove, in platea, mentre i tecnici delle scene lavorano a mettere a punto vari dettagli — si svolge nelle scuole elementari e medie nel corso di 8 incontri annuali». Quest’anno sono coinvolte sei primarie, la Milite Ignoto, la Villani, la Niccolini, l’Andrea del Sarto, la Martin Luther King, e la Vittorio Veneto e tre medie, la Carducci, la Serve di Maria e la Barsanti per un totale di 900 bambini e ragazzini chiamati a darsi il turno, durante le varie repliche, per interpretare il ruolo degli elfi. Accanto a loro in scena vedremo i giovani studenti dell’Accademia del Maggio come protagonisti solisti — Tamino è Manuel Amati, Pamina è Dioklea Hoxha, La Regina della Notte è Eleonora Bellocci e Papageno è Tommaso Barea — e vari attori — Daniele Bacci è la voce narrante, Stefano Mascalchi interpreta Monostato e poi ci sono i due sacerdoti (Leonardo Mappa e Gianni Mini), le dame, (Maria Vittoria Marchese, Eleonora Fantechi e Norma Mascalchi) e Papagena interpretata da Cecilia Russo.
Una costruzione complessa e però ridotta per essere apprezzata da coloro per i quali è stata pensata. «Questo Flauto magico — aggiunge Manu Lalli — non tradisce per nulla quello originale, ma certo è una riscrittura più agile e breve. Dura poco più di un’ora contro le tre della versione “per grandi”, ed è giusta che sia così perché nasce con l’intento di non annoiare, anzi di entusiasmare e accostare all’opera, i più piccoli e le loro famiglia. In fondo questo progetto fatto in collaborazione col Maggio, col Comune di Firenze e Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, nasce con l’obiettivo di appassionare e formare il pubblico del futuro. È anche per questo che il Flauto magico che vedrete da martedì qualche licenza poetica in fondo ce l’ha. Per esempio leggendo la storia e il libretto mi sono accorta che l’originale è un tantino misogino». Così, nella riscrittura di Manu Lalli, la tirata di Sarastro, che rappresenta la luce e la ragionevolezza, contro la Regina della Notte diventa la premessa perché le due componenti della vita, quella apollinea e quella dionisiaca, si ricongiungano alla fine: «Perché è solo la loro unione a fare da preludio alla sconfitta del male. Nella prima scena — prosegue Manu Lalli — Tamino incontra la Regina della Notte, che gli chiede di liberare la figlia Pamina, in questa sorta di bosco incantato. La seconda scena, che è il luogo di prigionia di Pamina, ha un’ambientazione bellissima scelta con i bambini: una biblioteca al fondo della quale si erge la piramide di luce. Sono stati loro a suggerirmi che, se le galere fossero biblioteche, non ci sarebbe più il male. La terza, quella in cui trionfa l’amore dei due giovani protagonisti, riecco la piramide che dà il titolo allo spettacolo, ma capovolta e colorata in un primo momento prima di nero e d’argento e poi d’oro». Scene belle e suggestive che Daniele Leone ha realizzato con gli studenti dell’Istituto d’Arte di Firenze (grazie al progetto di alternanza scuola lavoro). Non basta, sempre con la stessa formula hanno collaborato alla messa in scena i ragazzi del liceo Coreutico di Arezzo (per la parte danzata) e quelli del liceo Elsa Morante di Firenze per il trucco. E ancora, in platea, come accade da sempre — negli anni Venti Lucenti ha fatto fare ai ragazzi da L’Oro del Reno di Wagner a l’Italiana in Algeri di Rossini, sino al Don Carlo di Verdi e alla Carmen di Bizet — alcuni studenti di scuole non fiorentine, ma comunque toscane saranno chiamati a interpretare alcune parti cantate, sebbene più brevi e meno impegnative di quelle che sono state assegnate a chi sta sul palco. Un’ultima avvertenza: lo spettacolo va in scena sia la mattina che la sera. Ma Manu Lalli non ha dubbi: «Chi può venga a vederlo al mattino. È pieno, molto più che la sera, di ragazzini e genitori. E pian piano che lo spettacolo va avanti la platea diventa parte della scena. Cantano tutti».