Arpat, chiuso per amianto il laboratorio anti-amianto
A dicembre trovate tracce durante un controllo. Aperta un’inchiesta
Il laboratorio per le analisi sull’amianto dell’Arpat è chiuso: per contaminazione di amianto. Ed un cantiere, sempre dell’Arpat, a fianco del laboratorio e delle sede in via Ponte alle Mosse, è sotto sequestro dell’autorità giudiziaria per un’inchiesta che deve appurare se l’amianto arrivato nei laboratori provenisse proprio dai lavori appaltati dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale.
Tutto è partito il 14 dicembre scorso. Un controllo di routine dentro ai laboratori, nuovi di zecca (aperti a settembre) dell’Arpat per verificare se c’erano tracce di amianto, risultano positivi. Troppo. I filtri di ingresso sono «insolitamente sudici». Una settimana dopo, altri monitoraggi, sia nel laboratorio che in altre stanze. Il 22 dicembre, la risposta: «I campioni osservati presentano un’elevata presenza di fibre di amianto sui filtri». Il giorno dopo, altre analisi che confermano «l’elevata presenza di amianto» che è «allarmante in almeno due ambienti». Passato Natale, la notizia passa di ufficio in ufficio fino al direttore generale Marcello Mossa Verre. È lui che decide di chiudere i locali, per precauzione. Il giorno dopo è un profluvio di verifiche: tutte interne, comprese quelle sul cantiere vicino. Perché è evidente, fin dai primi momenti, che sia improbabile che la contaminazione (fino a 4 fibre al litro, in alcuni campioni) non possa arrivare dall’interno.
Lì vicino i lavori, partiti nell’estate, hanno riguardato anche vecchie caldaie. E il sospetto che si stato perso amianto da questi vecchi impianti inizia a farsi strada. È il 28 dicembre quando parte una comunicazione, finalportato mente, all’Asl. I tecnici della Asl arrivano, ci sarebbero da fare nuove analisi: ma il laboratorio, appunto, potrebbe essere contaminato, tutto il materiale deve andare all’Arpa dell’Emilia Romagna. Non è finita qua: il giorno successivo, dopo «un acceso scontro verbale» tra i responsabili dell’Arpat, tutto il materiale viene mandato in Emilia. E il giorno 29 dicembre, su disposizione della Procura, la Asl sequestra i filtri dell’aria di ingresso. I campioni dell’Arpat (quelli che hanno alla chiusura del laboratorio) idem. La Procura affida le indagini al Noe dei carabinieri, già al lavoro.
Tutta la vicenda, tenuta finora riservata, è in realtà conosciuta a tutti i lavoratori dell’Arpat (oltre 600 persone in tutta la Toscana) che hanno ricevuto una lettera dei loro Rls, i delegati come rappresentanti per la sicurezza. Un testo, quello redatto dagli Rls, in cui emergono i ritardi nell’allarme, alcuni problemi di comunicazione interna, anche tra uffici, dell’Arpat. Ma soprattutto una lentezza nel cercare di capire la cause di questa contaminazione: è sempre in quella lettera che emerge il dubbio che siano stati proprio i lavori per togliere le vecchie caldaie nel cantiere lì vicino al laboratorio possa aver prodotto la dispersione di amianto. Il cantiere e i filtri erano, ieri, ancora sotto sequestro.