Quei giorni in via Laura: «Fu il preside del coraggio»
Il racconto di chi rilanciò con lui la Cesare Alfieri: «Nel periodo della contestazione non si fece intimidire»
Non erano che ceneri. La gloriosa scuola Cesare Alfieri, nata nel 1875, era stata per gran parte smantellata sotto il fascismo. Nel dopoguerra, la Facoltà era ridotta giusto a una stanza. E proprio da lì è ripartito tutto, grazie all’impegno e alla volontà di una generazione di docenti, ricercatori e studenti che — tutti insieme — contribuirono a farla rinascere. Tra i «ragazzi di via Laura», guidati dal preside Giuseppe Maranini, e formati da docenti come Pompeo Biondi e Paolo Treves, c’era anche Giovanni Sartori, giurista, filosofo, sociologo.
Nel 1950, aveva appena 26 anni quando iniziò a insegnare storia della filosofia moderna. Era l’epoca in cui Giovanni Spadolini inventò la storia contemporanea, in cui Luciano Cavalli diede un decisivo impulso allo sviluppo della sociologia politica. E in cui si affacciavano studenti che avrebbero fatto la storia della Cesare Alfieri, come lo storico Luigi Lotti, futuro preside, e Antonio Zanfarino, filosofo della politica che ha insegnato in via Laura per 52 anni.
«Sartori prese le distanze dalla sua vocazione iniziale. E si impegnò con la nuova creatura, la scienza della politica. Con quella tipica ostinazione fiorentina», ricorda Zanfarino, sassaritano di nascita. Sartori aveva conosciuto l’America e l’aveva portata alla Cesare Alfieri: grazie a una borsa di ricerca della North Western University, abbandonò Hegel, Marx e Benedetto Croce, per gettare a Firenze i semi di un nuovo sentiero.
Con Stefano Somogyi, Luigi Lotti e Alberto Predieri, in uno studio sul Parlamento italiano, mise in pratica per la prima volta i nuovi strumenti metodologici imparati oltreoceano. E la scienza della politica di Sartori aprì così una scuola dalla quale sarebbero passati negli anni studiosi come Domenico Fisichella, Stefano Passigli, Alberto Marradi, Gianfranco Pasquino, Leonardo Morlino.
Carattere spigoloso, difficile, Sartori si trovò spesso isolato anche nella sua Firenze. Persino con Maranini il rapporto non fu sempre semplice. Ma nel 1969, alla morte del grande preside, fu il politologo a prendere il suo posto: «Ha esercitato la presidenza, nel periodo della contestazione, con grande fermezza e coraggio — racconta Zanfarino, noto per le sue idee liberali — non si è lasciato intimidire, ha imposto regola del rispetto. Nei momenti più difficili, per proteggermi dalle possibili agitazioni in aula arrivò addirittura a essere presente alle mie lezioni, sedendosi accanto a me». Sartori lasciò presidenza in anticipo, nel 1972, e lì si consumò il suo distacco da Firenze, culminato nel 1976 con la decisione di andare a New York, a insegnare alla Columbia University.
Fu uno dei suoi allievi, Leonardo Morlino, che una volta diventato preside riuscì a richiamarlo alla Cesare Alfieri nel 1992. Fu la seconda grande generazione dei «ragazzi» di via Laura: «Sartori, Di Nolfo, Lotti, Draghi, nomi di indiscussa fama internazionale: fu il momento in cui la nostra diventò la più importante Facoltà di Scienze Politiche d’Italia», racconta Morlino.
Nella cui mente, il merito del maestro, ma anche di generazioni di storici, di giuristi, di sociologi, di filosofi, di politologi dell’Alfieri, è stato quello di aver saputo far tesoro dei contributi delle diverse discipline. Oggi quasi tutti i politologi che hanno dai sessant’anni in su sono «sartoriani» di formazione. Anche per questo quella dei «ragazzi di via Laura» sarà ricordata come una stagione fondamentale per la cultura politica italiana.
Morlino: con lui diventammo la più importante Facoltà di Scienze politiche