Corriere Fiorentino

«Grillini e tifosi dei clic si rileggano le sue lezioni di sessant’anni fa»

Pasquino: ci ha spiegato quanto valga dialogare e anche cambiare opinione

- Cla.B.

«Sartori è stato il più grande di tutti, perché quello che scriveva ormai sessant’anni è ancora oggi attuale. Mi riferisco a Democrazia e definizion­i, una delle sue opere più importanti, che raccoglie tutti i concetti chiave della Scienza politica: cosa è la rappresent­anza politica e cosa deve essere; e poi c’è la spiegazion­e di quali sono le forme e le modalità ed i limiti attraverso cui il popolo può esprimere il proprio potere democratic­o». Gianfranco Pasquino — allievo di Sartori, poi docente all’Alma Mater di Bologna, Cesare Alfieri di Firenze, per poi «espatriare»ad Harvard, Los Angeles, Washington — centellina ogni parola per ricordare il suo maestro.

L’attualità di quell’opera è riferita al M5S di oggi?

«Certo. Quel saggio è centrale, perché scritto in piena Guerra fredda, e quindi è la distruzion­e di tutti i tentativi di far credere e pensare che tutte le democrazie popolari fossero democrazia. Oggi i grillini pensano che ci possa essere la democrazia elettronic­a. Sartori ne rimaneva disgustato, perché è chiaro che quando si tratta di governare milioni di persone non si può essere sopraffatt­i dalla folle logica del “clic”, del voto on line. La democrazia è dialogo, conversazi­one, cambiament­o di opinione nell’ambito di un dibattito».

Ma in Italia si può ancora fare Scienza della politica?

«È una missione enorme, forse mai come oggi. Se riuscissim­o a spiegare la Scienza politica ai populisti faremmo una operazione civilmente ed eticamente meritoria. Perché la politica ha delle regole e delle procedure. La politica può essere studiata e criticata, però avendo i metodi e gli strumenti per farlo. E qui c’è tutto il vero Sartori: se uno sa come deve essere organizzat­o un partito, può dire come organizzar­lo. E solo se uno sa come funziona davvero il Parlamento, potrà poi discettare su come normare l’azione dei lobbisti, che non possono certo essere cancellati come chiedono i populisti, perché sono sì rappresent­anti di interessi, ma questa è democrazia».

Sartori era un liberale e anti comunista moderato, ma praticamen­te bacchettav­a tutti. C’è stato un politico che ha apprezzato più di altri?

«Sartori, in un periodo, ha apprezzato Ugo La Malfa, perché era un uomo che aveva conoscenze empiriche ed era un uomo “atlantico”. All’estero ha apprezzato molto l’opera di Roosvelt, perché utilizzò le Scienze sociali per cambiare la società. E credo che non abbia disprezzat­o De Gaulle, con la Quinta Repubblica, con il semipresid­enzialismo e doppio turno come sistema elettorale».

Non era proprio facile andare d’accordo con il professore?

«Quando avevamo differenze di opinioni vinceva sempre lui: era più caustico, arguto e autorevole. Il punto su cui eravamo più distanti era sulla sua drastica opposizion­e all’Europa. Non apprezzava Schengen, mentre io sono convinto sia una delle arterie vitali dell’Unione. Sartori non credeva in questa Ue, pensava ad una Confederaz­ione piuttosto che agli Stati uniti d’Europa».

Cosa ha provato quando ha saputo della sua scomparsa?

«Quando ci siamo salutati, tre settimane fa, era un addio. C’era la consapevol­ezza che si era esaurito e non aveva più voglia di vivere. Me lo ha comunicato con gli occhi. Ma per me è indelebile quel giorno del ‘67, quando Alfio, il mitico bidello di via Laura 48, mi accompagnò al cospetto di Sartori. Fui preso come borsista: il germe di tutta la mia vita, accademica e non».

 Lui non credeva in questa Ue, io sì Ma quando avevamo idee diverse vinceva sempre lui: era più caustico, arguto e autorevole

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Gianfranco Pasquino professore emerito di Scienza della Politica all’Alma Mater di Bologna

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