Prima c’era l’ospedale psichiatrico, ora le liste di attesa
Gemma Brandi: l’unica struttura protetta è a Volterra, ma con 30 posti per Toscana e Umbria
La chiusura degli Opg era ispirata a principii di umanità, però in buona parte la riforma è rimasta lettera morta
«Una rivoluzione ispirata da principi di umanità, ma che è ancora in buona parte lettera morta», incompleta, parziale. Chiusa l’epoca degli ospedali psichiatrici giudiziari, ora è iniziata quella delle Rems (residenze protette per pazienti socialmente pericolosi). Ma non ci sono posti. Tanto che in Toscana, molti malati psichiatrici sono in lista d’attesa, tanti altri sono parcheggiati nelle carceri. E non mancano i malati di mente, in attesa di una sentenza che sono liberi di circolare nelle strade malgrado possano rappresentare un pericolo per gli altri.
A spiegare le difficoltà del sistema di gestione dei casi psichiatrici è la dottoressa Gemma Brandi, che dirige il Centro di salute mentale per adulti di Sollicciano. La psichiatra ammette che del caso di Dimitru Grosu, «il bullo di via Baracca», più volte ricoverato e di volta in volta rimesso in circolazione, libero di girare per Novoli a molestare o minacciare persone con una spranga, non si è mai occupata. Mentre l’Asl precisa che si tratterebbe di un caso di alcolismo e non psichiatrico. Ma resta il problema di come gestire chi gestibile non è. «Fino a prima della riforma, negli Opg non si entrava direttamente: si trattava di una misura sanitaria che si rendeva necessaria per chi era già in carcere — spiega Brandi — l’ospedale era la soluzione per gestire i casi che una prigione non poteva gestire». Ora, il giudice, in accordo con i periti e con le autorità sanitarie, potrebbero inviare alle Rems anche chi è a piede libero. Gestire i casi complessi sembrerebbe più facile, quindi. Ma è solo teoria. L’Opg di Montelupo aveva 110 posti, mentre «l’unica Rems attualmente aperta per la Toscana e per l’Umbria è quella di Volterra, con 30 posti, tutti già occupati, e con una trentina di persone già in lista d’attesa», dice Brandi, citando l’ultima relazione semestrale del commissario sugli Opg Franco Corleone.Così, secondo la psichiatra si pone anche un problema di umanità: «Un terzo degli ex ricoverati a Montelupo oggi è in carcere». Mentre, nelle strade, ci sono persone potenzialmente pericolose, ma ancora non oggetto di una sentenza di condanna, che restano senza assistenza. «Una Rems è l’ultima ratio — spiega ancora Brandi — Un giudice decide di inviare un paziente solo quando sono esaurite le alternative sul territorio, quando non è possibile ricorrere a una comunità, a una casa famiglia, a un percorso ospedaliero». Insomma, le soluzioni intermedie esistono, non c’è solo il trattamento sanitario obbligatorio che per sua natura è temporaneo e, quindi, inutile a contenere la pericolosità di chi non è curabile. Ma «è un percorso complesso — spiega la psichiatra — Da questo punto di vista Firenze è all’avanguardia, con un protocollo siglato nel 2014, che intende costruire una collaborazione tra Asl e magistratura. Questo dialogo è fondamentale per inquadrare di volta in volta la soluzione giusta, ma per realizzarlo a pieno serve tempo. Non è semplice».