E tu di che italiano sei?
Da domani fino a domenica a Siena c’è «Parole in cammino», il festival della lingua Incontri, dibattiti, laboratori con oltre cento ospiti. L’ideatore: «E il prossimo anno parleremo di gender»
Regione Toscana con la partecipazione dell’Ateneo di Siena
Sono cento gli ospiti che si alterneranno tra Palazzo Patrizi, la Sala del Mappamondo del Palazzo Comunale, la Casa Circondariale, Rocca Salimbeni, Santa Maria della Scala, il Teatro dei Rinnovati. Programma completo sul sito internet
Sfogliando il ricco programma del festival «Parole in cammino» c’è una domanda che frulla e rifrulla: ma in cammino per andare dove? Perché la tre giorni dedicata «all’italiano e alle lingue d’Italia» che si apre domani a Siena è un itinerario suggestivo tra passato, presente e futuro. Un viaggio che parte dai dialetti per toccare i linguaggi giovanili e del web, il gergo amministrativo, le canzoni; e arriva fino alla comunicazione non verbale (la lingua dei segni, quella del corpo).
Tanti ospiti, tanti temi, tanti spunti per rimettere al centro del dibattito nazionale la questione della lingua, sollevata di recente anche dall’oramai famosa lettera dei Seicento promossa da insegnanti, docenti universitari e intellettuali: «L’ho firmata e condivisa nella sostanza — spiega il linguista Massimo Arcangeli, ideatore e direttore del festival — anche se di una cosa sono convinto: non siamo di fronte a un’emergenza per quanto riguarda l’uso dell’italiano. Piuttosto vedo i segni di una sofferenza, dovuta a trasformazioni più o meno fisiologiche. Le lingue sono sempre in movimento, non le disfanno gli addetti ai lavori, sono appannaggio di chi le usa. C’è però un fatto su cui riflettere: in altri Paesi, e penso alla Francia, alla Spagna, alla Germania, si investe tantissimo su questi temi, con continui momenti di confronto tra tutti i soggetti interessati: la scuola, l’università, i mezzi di comunicazione, gli editori. Qui da noi non c’è nemmeno un tavolo dove scambiarsi idee ed esperienze. Allora abbiamo pensato che potesse essere utile realizzare un’occasione in cui ritrovarsi per diffondere, insegnare, comunicare l’italiano». Un appuntamento annuale, che avrà nella città del Palio cuore, mente, braccia. E non è un caso: «Il festival — continua Arcangeli — nasce anche per celebrare i cento anni dei primi corsi di italiano organizzati dall’Università per stranieri di Siena». E se in questa prima edizione il filo conduttore sarà appunto la parola (scritta, parlata, giocata, perfino inventata), nell’edizione del 2018 — anticipa il direttore — «ci concentreremo sul gender, il genere. Tema di estremo interesse dal punto di vista socio-linguistico».
Si diceva degli ospiti, un centinaio, tra accademici, intellettuali, poeti, scrittori, artisti e giornalisti. Qualche nome: Massimo Cacciari (il 7 aprile alle 10 nell’incontro Comunicare Enrico Mentana, premiato al festival della lingua Massimo Cacciari Gian Antonio Stella la politica), Gian Antonio Stella (sempre domani alle 21, L’involontaria comicità del burocratese), Maurizio Bettini e Roberto Barzanti (stesso giorno alle 15 Ma il latino è una lingua morta?), Francesco Sabatini (sabato alle 15.30 Lezione di italiano), Vera Gheno (sabato alle 15 Tu vuo’ fa’ l’onomaturgo. Le parole nuove lungo un millennio), Matteo De Benedittis (domenica alle 9.30 Cantami o deejay. Insegnare a colpi di rap), Lello Voce (domenica alle 10 Piccolo slam poetico).
Ma si parlerà (sabato alle 21) anche di fenomeni pop della Rete, come i siti satirici Lercio e Spinoza: «Bisogna anche un po’ scherzare con la lingua. In un periodo in cui le bufale imperversano è necessario far capire la differenza tra la realtà e la finzione, la satira e le notizie, qual è la parte divertente dei social network e quale la parte da evitare. Educare chi legge e si trova davanti informazioni che spesso è difficile decifrare diventa fondamentale per la crescita culturale personale e collettiva».
Nel corso del festival saranno anche premiati due neologismi e i loro «inventori»: Matteo T. insieme alla sua maestra per «petaloso», Enrico Mentana per «webete». «Petaloso — sottolinea Arcangeli — è la testimonianza di un processo virtuoso e di una creatività che possiamo alimentare ogni qualvolta crediamo nelle possibilità della lingua italiana. Talvolta ci si lamenta della messe di parole straniere che arrivano, ma bisognerebbe sperimentare di più i nostri processi compositivi. Il riconoscimento a Mentana, invece, non è solo per la parola webete. Lui è un esempio di trasparenza, di limpidezza comunicativa applicata al giornalismo, l’ho seguito negli anni da studioso e posso dire che c’è molto da imparare».
Uno dei momenti più attesi della rassegna senese è la presentazione (domenica mattina) dei risultati di un test-questionario con le risposte di circa mille studenti italiani: «Gli abbiamo mostrato — conclude l’ideatore del festival — un elenco di trenta parole, non proprio di uso comune, come per esempio adepto o indigente, per verificare il grado di dotazione lessicale delle nuove generazioni. È un modo per avere anche un supporto scientifico alle discussioni in corso sull’impoverimento del linguaggio. A dirla tutta, l’altro grande problema, che non riguarda però solamente i giovani, è la scarsa capacità logica prima ancora che grammaticale di organizzare un testo». Un motivo in più per far camminare le parole, magari su gambe più forti e allenate.