Corriere Fiorentino

Omaggio a Paola Barocchi, nella sua fondazione

Da Memofonte una mostra con preziose edizioni dedicata alla storica dell’arte

- Chiara Dino

Aveva uno sguardo profondo, era una bella donna, scriveva con la mano mancina, era naturalmen­te autorevole e portava uno chignon un po’ morbido, alla maniera dell’impero austrounga­rico Paola Barocchi. È morta a maggio dello scorso anno e da oggi pomeriggio la Fondazione Memofonte, (sul Lungarno Guicciardi­ni 9r) che poi non è altro che una sua creatura le dedica un mostra, Quarant’anni di edizione scelte. In ricordo di Paola Barocchi è titolo.

Un omaggio a una signora dell’arte come ne nascono sempre più raramente. Lei, che insegnava storia della critica d’arte alla Scuola normale superiore di Pisa, era una grande studiosa della maniera, soprattutt­o del Rosso, e riusciva a mettere insieme una sapienza densa e una visione che anticipava il futuro. Per dire fu lei, prima con la Normale e poi con la sua associazio­ne diventata Fondazione Memofonte — ci ricorda oggi, Martina Nastasi, una delle sue allieve più giovani — «a dare il via al primo progetto di trascrizio­ne informatic­a delle Vite del Gabburri, un manoscritt­o alluvionat­o di cui lei possedeva una copia in microfilm». Ha fatto lo stesso con le Vite più note, quelle del Vasari e con il Carteggio di Michelange­lo. Ma non solo: questa signora che, per dirla con le parole di, Donata Allevi, un’altra sua allieva, «Aveva il dono speciale di capire chi aveva davanti e verso che tipo di studi e ricerche indirizzar­lo» nel 1974 aveva anche dato vita alla S.P.E.S. una casa editrice che queste trascrizio­ni fedeli di cui si è detto poco sopra, ma anche ristampe anastatich­e, cataloghi, spartiti di musica, pubblicava mettendo insieme rigore scientific­o e gusto nella scelta di carta, copertine e curatela.

È a questa sua creatura, nata nel 1974 e chiusa per mancanza di fondi, 40 anni dopo, nel 2014, è in verità dedicata la mostra (e lo si capisce già dal suo titolo). Una scelta di notevole profilo — il tutto articolato in sei sezioni — se è vero che in quel catalogo ci sono vere perle della storia dell’arte. Intanto tutta le sezione che testimonia la sua lunga collaboraz­ione col museo del Bargello: suoi, con la S.P.E.S. i cataloghi dedicati alla mostra di Donatello a metà degli anni ‘80, sua ancora la collana «Lo specchio del Bargello» ideata dall’allora direttrice Giovanna Gaeta Bertelà per ovviare alla mancanza del catalogo con piccole monografie sul Bacco di Michelange­lo, sul San Giorgio Paola Barocchi sul Ponte Santa Trinita (immagine tratta dal sito «News-Art Notizie dal mondo dell’arte») di Donatello sulle Madonne di Andrea della Robbia, sui tappeti, e i cammei. Ma non basta suoi furono gli omaggi ai futuristi uno per tutti la riproduzio­ne del «libromacch­ina imbullonat­o» di Depero, suoi una serie di preziosiss­imi volumi dedicati ai gioielli e al loro design curati dal fratello carlo e dalla cognata Lucia. Che vedremo alla mostra.

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