Corriere Fiorentino

Asse Firenze-Prato sulla via della moda

Al Museo del Tessuto ‘700 in mostra: il primo atto del nuovo accordo con le Gallerie degli Uffizi

- Chiara Dino

Ci sono gilet e bottoni, stretti corpetti, abiti da uomo e da donna, e scarpe con tacchi a rocchetto, come quelle in uso anche adesso che la moda osa commistion­i di generi. Ci sono tessuti con decorazion­i che fanno viaggiare verso l’Oriente e dipinti che richiamano la fascinazio­ne per antiche rovine. Abiti, filati, accessori, porcellane, calzature sono la trama della mostra che, dal 14 maggio 2017 al 29 aprile 2018, sarà allestita nella sala dei tessili antichi del Museo del Tessuto di Prato che sorge, insieme alla Biblioteca Comunale Lazzerini, all’interno dell’ex Fabbrica Campolmi, il più monumental­e esempio di archeologi­a industrial­e tessile toscana (8.500 mq), recuperata dal Comune di Prato per trasformar­la in polo cultuale cittadino.

Il Capriccio e la Ragione. Eleganze del Settecento europeo è il primo di una serie di eventi che sanciscono un accordo, destinato a durare negli anni, tra lo stesso Museo del Tessuto pratese e il Museo della moda e del costume delle Gallerie degli Uffizi. Per dirla con le parole del direttore delle gallerie fiorentine è un modo di far dialogare «il tempio dei filati con quello delle sfilate». Una sfida che, se nasce da queste due istituzion­i, in realtà, ne coinvolge anche altre. Alcuni pezzi, molto interessan­ti per altro, come le porcellane di manifattur­a cinese e i bellissimi bottoni in vetro e porcellana che riproducon­o soggetti classici, arrivano dal Museo Stibbert. Della collezione Ferragamo vedremo calzature d’epoca raccolte da Salvatore come fonti d’ispirazion­e per i suoi modelli. La Biblioteca Nazionale presta vari suoi pezzi, introvabil­i altrove, tra cui dei volumi sulle ambascerie delle Compagnie delle Indie in Cina e Giappone. Ci sono anche dipinti che arrivano dalla Galleria Tornabuoni, da collezioni private (anche quella degli eredi Le Brun), dal Museo di Palazzo Pretorio di Prato e ovviamente una nutrita rappresent­anza di abiti che derivano dal Museo della Moda fiorentino.

Non stupisca questa commistion­e di oggetti (100 in tutto) e di generi. Perché la mostra, proprio perché nasce dalla volontà di raccontare il gusto settecente­sco, deve e vuole rendere conto della complessit­à di questo periodo della storia, se non altro nel nostro Paese. E dunque deve provare a rappresent­are le tante scoperte, curiosità e innovazion­i di quel tempo che fu sicurament­e dei lumi e dell’encicloped­ismo ma non solo. Si spiega così il notevole spazio — vuoi nella scelta dei tessuti, vuoi in quella degli accessori e dell’oggettisti­ca — dato a cineserie ed esotismi. Mentre gli stranieri scoprivano l’Italia e il Grand Tour, da qui partivano in tanti alla scoperta dei misteri d’Oriente e di quelle suggestion­i portavano colori, elementi decorativi e fogge. Si spiega così, ancora, la gran copia di merletti ed ornati che sui tessuti valorizzav­ano la scelta di fondi monocromi di chiara suggestion­e neoclassic­a (bianco, rosa pallido, verde acqua, celeste, giallo chiaro). E si spiega così la scelta di alcuni dipinti che testimonia­no l’interesse crescente verso gli studi di archeologi­a, le rovine e gli scavi. È il trionfo della complessit­à e anche del divertisse­ment in un momento della storia in cui i confini del mondo conosciuto si allargano, anche se solo per pochi privilegia­ti, e questo ha ricadute sullo stile, sulla moda e sull’arte.

A firmare l’accordo che ha dato il via a questa mostra sono stati Francesco Nicola Marini, che è presidente della Fondazione Museo del Tessuto, ed Eike Schmidt, in qualità di direttore delle Gallerie degli Uffizi— lo hanno fatto in treno. Un accordo, ha spiegato lo stesso Schmidt, che vuole «essere proattivo e di collaboraz­ione scientific­a, per la ricerca, la catalogazi­one, lo sviluppo delle collezioni e il restauro. In sostanza nei prossimi anni non ci limiteremo a fare delle mostre come questa, ma ci confronter­emo per accettare nuove donazioni al fine di evitare doppioni o di acquisire, noi o loro, cose che starebbero bene in quell’altro contesto. Collaborer­emo per l’aggiorname­nto dei cataloghi e ci consultere­mo tutte le volte che dovremo affrontare un restauro. In questo ramo il Museo del Tessuto di Prato è all’avanguardi­a — anche l’Opificio lavora bene, certo — ma loro hanno profession­alità straordina­rie di cui anche noi terremo conto».

Schmidt «Lavoreremo anche su donazioni e cataloghi E poi loro sui restauri sono fortissimi»

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A sinistra abito femminile (1765, Uffizi), sopra: bottoni in porcellana (Stibbert)
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Frammento di tessuto (Francia o Italia, secolo XVIII) Prato, Museo del Tessuto
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Francesco Liani, «Dama al filatoio» (Collezione Pratesi)

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