Corriere Fiorentino

«Nella chiesa di Marcialla un affresco cominciato da lui» Acidini: «No, è di un altro»

Marcialla e il giallo sull’autore della Pietà. L’esperto americano: almeno in parte è opera sua

- di S. Fioretto e E. Semmola

MARCIALLA (BARBERINO VAL D’ELSA) «Non si può dire con certezza che sia tutta opera di Michelange­lo ma si può di sicuro affermare che la composizio­ne e l’anima dell’affresco di Marcialla appartengo­no, almeno in parte, al grande artista fiorentino». Con queste parole lo scultore americano Robert Schoen, uno dei più grandi esperti del genio del Rinascimen­to ha confermato che la Pietà esposta nella Chiesa di Santa Maria a Marcialla, è attribuibi­le a Michelange­lo nei disegni e nella realizzazi­one pittorica di molte parti dell’affresco.

Un giallo, quello della possibile paternità michelangi­olesca del dipinto, che si trascina da anni, alimentato dalla tradizione popolare e dall’interesse di scrittori ed esperti come Giovanni Papini e Robert Weiss e più di recente, degli studiosi James Beck, William Wallace e lo stesso Schoen, noto per aver identifica­to a New York il Cupido scolpito da Michelange­lo nel 1497 di cui si era persa da secoli ogni traccia. Così dopo l’appello dei giorni scorsi del sindaco di Barberino Giacomo Trentanovi a critici ed esperti, riuniti in occasione del G7 della Cultura a Firenze, di visionare il dipinto e aiutare a sciogliere l’annoso enigma, Schoen è tornato ieri a Marcialla per analizzare La «Pietà» esposta nella chiesa di Santa Maria a Marcialla risale alla fine del XV secolo. Da sempre a Marcialla è convinzion­e popolare che l’affresco sia opera di Michelange­lo. Accanto, l’esperto statuniten­se Robert Schoen durante il sopralluog­o di ieri mattina. dettagliat­amente l’affresco e definire la sua teoria: Michelange­lo avrebbe in giovane età disegnato e avviato il dipinto, che sarebbe stato poi proseguito da altre mani. Prime fra tutti, quelle «assai meno talentuose» dell’amico Bastiano Mainardi. Del quale Schoen fa notare la somiglianz­a di stile con il suo affresco di San Girolamo, al Bargello.

Schoen in particolar­e ha focalizzat­o l’attenzione sull’anatomia dei due ladroni che compaiono ai lati della scena, sostenendo che quello di destra (il ladrone cattivo) potrebbe essere un autoritrat­to dell’artista e che lo stile e i colori della figura, riportino senza dubbio, ad opere giovanili di Michelange­lo. Altri indizi michelangi­oleschi, il paesaggio nello sfondo, i contorni duri e i colori freddi «a paletta», la muscolatur­a, la presunta velocità, non più di due o tre giorni, con la quale il dipinto sarebbe stato realizzato. Di stile diverso invece, spiega Schoen, il ladrone buono, con sproporzio­ni anatomiche, il collo corto e il volto del Cristo, di fattura non michelangi­olesca. A complicare il giallo, il ritrovamen­to nel 2005 di una sorta di firma, posta dietro una pietra dell’altare in cui compare l’acronimo Bmf (Buonarroti Michelange­lo florentinu­s o fecit? Ma potrebbe significar­e anche Bastiano Mainardi). Mentre la presenza del Buonarroti a Marcialla a fine ‘400 ospite nel convento dei frati agostinian­i (l’attuale chiesa) dove l’artista quindicenn­e avrebbe realizzato l’opera in cambio dell’ospitalità ricevuta, ne avvalora la paternità.

«Cosa si può ancora fare per sciogliere l’enigma?», chiede il sindaco Trentanovi. Schoen spiega che può essere determinan­te ricorrere alla riflettogr­afia infrarossa per vedere cosa c’è sotto il dipinto.Tra il 5 e il 7 maggio il Comune ha predispost­o l’esame. E forse il giallo della Pietà di Marcialla sara definitiva­mente risolto.

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