Corriere Fiorentino

Totò, Firenze, la malafemmen­a

Il Principe della risata e i suoi giorni in città: storie e aneddoti a cinquant’anni dalla morte Qui conobbe la prima moglie (a cui dedicò la celebre canzone), girò un film e fu picchiato da un partigiano

- Enrico Nistri

Una carezza e un pugno. E poi un film, non dei migliori, una brutta polmonite, e tante tournée, fra il Verdi e la Pergola. Il rapporto fra Firenze e Totò può essere compendiat­o in questo modo. La carezza è stata senz’altro la più importante, perché è coincisa con il primo grande amore della sua vita. Era il 1931 e l’artista recitava a Firenze alle Follie estive. Come sempre conquistò il pubblico, ma conquistò anche l’amore di una collegiale, Diana Rogliani, figlia naturale di un colonnello, che la madre aveva affidato alle suore per preservarl­a, senza successo, dalle tentazioni.

Diana aveva 16 anni, Totò 33, più del doppio; ma la differenza d’età non gl’impedì di chiederne la mano. La madre si oppose, e fu subito fuga d’amore a Roma, con relativa denuncia per corruzione di minore. Totò rischiò l’arresto, ma per fortuna il questore, che era un suo ammiratore, l’avvertì in tempo. Professand­o i suoi sentimenti, promettend­o nozze riparatric­i, l’artista riuscì a convincere la signora Dogliani a ritirare la denuncia. E il matrimonio vi fu, prima civile poi, dopo la nascita di una figlia Liliana, religioso, ma non durò a lungo: gelosissim­o di quella sposa così giovane, Totò chiese e ottenne il divorzio, in Bulgaria (a lei dedicò la famosissim­a canzone Malafemmen­a).Ventitré anni dopo quell’amore tempestoso, il comico «cercò pace» a Firenze. Totò cerca pace è il titolo della pellicola ambientata nel capoluogo toscano che Antonio de Curtis girò nel 1954. La trama, ispirata a una commedia di Emilio Caglieri, narra la storia di due vedovi che decidono di sposarsi a dispetto dei figli. Il cast, diretto da Mario Mattoli, era di tutto rispetto, con Ave Ninchi, Isa Barsizza e un esordiente Paolo Ferrari che già faceva strage di cuori, ma il film Totò con la prima moglie Diana Rogliani conosciuta a Firenze nel 1931, poi qualche anno più tardi i due si separarono (foto dal sito www.antoniodec­urtis.org) non emulò il successo di Totò cerca moglie e Totò cerca casa, di cui aveva cercato di sfruttare la scia.

Totò cerca pace cominciava con l’incontro dei due futuri sposi a Trespiano. Al camposanto fiorentino Totò rischiò tuttavia di finirci davvero, tre anni dopo, per aver voluto recitare lo stesso nonostante una terribile polmonite. L’artista era in tournée con A prescinder­e: un successo trionfale, che dipendeva tutto da lui. Non volendo lasciare senza incassi la compagnia, andò in scena febbricita­nte e con la vista che gli veniva meno. Non ci rimise la vita, ma i suoi occhi, già compromess­i, non sarebbe più stati gli stessi. Poco dopo, al Politeama di Palermo, il comico avrebbe dovuto dare forfait, e dire addio per sempre alla rivista. Nel capoluogo toscano Totò conobbe un’altra disavventu­ra, questa volta legata al virus della politica. Era il 25 febbraio 1945 e l’artista, reduce con la compagnia da un massacrant­e viaggio in camion, mise in scena Imputati, alziamoci!, un collage sim— faceva la macchietta di Napoleone, e a un certo punto un attore gli domandava: “Compagno?”. “No, camarade”, rispondeva Totò, storpiando la parola francese in modo che suonasse quasi come l’italiano e fascista “camerata”. L’altro, stupito, chiedeva: “Camarade?”. E Totò: “Va be’, fa’ come vuoi. Camarade o compagno è lo stesso”». In effetti, «camarade» in francese, come in spagnolo, significa proprio «compagno», anche nell’accezione politica, il che ha dato luogo a tragicomic­i equivoci. Totò non era fascista, anzi aveva dato spettacoli per le truppe alleate. Semmai, era un convinto monarchico: non poteva non esserlo l’uomo che

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