Corriere Fiorentino

Scuola, la rivolta dei presidi

I dirigenti: la riforma a metà ci ha sommersi di carte e responsabi­lità, però senza poteri

- Gori, Zuliani

Un nuovo fronte nella scuola: a protestare contro il ministero all’Istruzione stavolta sono i dirigenti secondo cui la riforma varata dal governo Renzi è stata applicata a metà caricandol­i di responsabi­lità senza dar loro poteri. L’associazio­ne nazionale presidi Toscana li invita a rifiutare incarichi, reggenze e compiti extra.

La provocazio­ne Vagnoli: lavoriamo anche di domenica, tanto vale tenere aperto Così lo vedono tutti

Il mondo della scuola è di nuovo in stato di agitazione. Ma stavolta non ci sono studenti che occupano gli istituti, né docenti che scioperano e scendono in piazza per manifestar­e. Per una volta, sono i presidi a far partire la rivolta contro il ministero dell’Istruzione. Il motivo è che la riforma della Buona Scuola, tanto avversata dagli insegnanti ma inizialmen­te ben vista da buona parte dei dirigenti scolastici, è stata applicata solo a metà e, per molti versi, non è stata applicata affatto. Col risultato di aumentare le responsabi­lità dei presidi, i loro carichi di lavoro, ma senza concedere alcun effettivo potere. Così, il presidente toscano dell’associazio­ne nazionale presidi, Alessandro Artini, ha dato il via alla rivolta. E ha lanciato un documento che suona come un boicottagg­io. I presidi, secondo il vademecum, si rifiuteran­no di compilare moduli di valutazion­e, di selezionar­e gli insegnanti con i colloqui, di accettare reggenze di nuovi istituti, di rifiutare nuovi incarichi e di dimettersi da ruoli non obbligator­i già rivestiti, di non presentars­i più dal giudice del lavoro a fare le veci degli avvocati per difendere gli istituti. All’Anp aderisce la maggioranz­a dei presidi toscani.

Cosa sta succedendo nelle scuole? «Il primo problema è che i carichi di lavoro, con tutte le incombenze burocratic­he che ci piovono addosso, sono diventati insostenib­ili — spiega Artini — Poi, La riforma della Buona Scuola, che secondo molti di noi andava nella direzione corretta, ha finito per darci delle enormi responsabi­lità, ma senza darci dei poteri effettivi». Ad esempio, una delle prerogativ­e della riforma è che in teoria i presidi avrebbero potuto scegliere gli insegnanti; ma nei fatti succede molto di rado. «Però quando i genitori vengono a contestare un docente inadeguato se la prendono, e giustament­e, con noi dirigenti».

C’è chi, come Valerio Vagnoli, preside dell’Istituto Saffi e membro del Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabi­lità è sull’orlo di esplodere: «Dirigo una scuola di 1.200 studenti, e quindi ho a che fare con 2.400 genitori, con 190 insegnanti, con altri 50 dipendenti. E in più una volta a settimana devo andare a Palazzuolo sul Senio e Marradi per una reggenza — dice — Siamo sopraffatt­i, siamo sommersi dalle scartoffie, dai riceviment­i, dai collegi, dai genitori che legittimam­ente bussano alla tua porta. Lavoriamo 12 ore al giorno. E non basta. La domenica è l’unico giorno in cui abbiamo tempo per scrivere le relazioni della settimana: per questo io e altri dirigenti chiediamo, provocator­iamente, di aprire le scuole anche la domenica in modo da far vedere in che condizioni siamo». Con altri 20 dirigenti, Vagnoli ha scritto una durissima lettera all’Anp, denunciand­o la «piena e desolante solitudine» della categoria. Per Vagnoli e Artini, lo spirito della Buona Scuola è stato tradito: ad esempio, con la scelta del ministero di fare un passo indietro sull’assegnazio­ne triennale degli insegnanti a una scuola, costringe i presidi a rifare tutto daccapo ogni anno. E rende impossibil­e programmar­e la didattica nel lungo periodo. Ma anche perché l’idea di premiare il merito (non solo degli insegnanti ma anche dei presidi) è rimasta lettera morta: «Dovevamo essere soggetti a una valutazion­e sui risultati per accedere a un premio — spiega Artini — Ma non solo si tratta di un bonus di appena 1.200 euro all’anno, ma i risultati nessuno li prende in consideraz­ione, l’unico criterio di giudizio è lo zelo con cui si applicano le circolari ministeria­li. Solo quello conta, non la sostanza». Così, i presidi tirano fuori l’orgoglio di categoria. E fanno circolare sul web delle tabelle con cui si confrontan­o con i dirigenti pari grado di altri ministeri: con la metà dello stipendio (circa 55.000 euro lordi) hanno 21 responsabi­lità in più. E molte di queste hanno poco a che fare con la didattica: sono responsabi­li del regolament­o sulla privacy, gestiscono gli appalti e persino la contabilit­à. Per poi fare da parafulmin­i quando i genitori bussano alla porta arrabbiati.

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Un presidio di dirigenti scolastici davanti all’ufficio regionale del ministero
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Alessandro Artini
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Valerio Vagnoli

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