Corriere Fiorentino

«Da soli in tribunale Gli avvocati siamo noi per le cause minori»

- a cura di Giulio Gori e Ivana Zuliani

Quando un dirigente scolastico si trova a dover prendere provvedime­nti disciplina­ri nei confronti di un insegnante, per assenze ingiustifi­cate ripetute, ritardi o inadempien­ze, si trova costretto a cambiare mestiere per un giorno e a vestire metaforica­mente la toga da avvocato: quasi ogni ente pubblico ha un suo ufficio legale o può contare sul supporto dell’avvocatura dello Stato; la scuola no. Così il preside va in Tribunale, da solo, a difendere il suo istituto. L’insegnante è difeso da un avvocato, spesso ha alle spalle anche il sostegno sindacale; il dirigente invece si deve improvvisa­re esperto di diritto. Quando le cause riguardano vertenze al di sotto dei 20 mila euro, l’avvocatura di Stato non interviene mai. Ma, confessano i presidi, spesso succede lo stesso anche quando la cifra supera quella soglia. Talvolta, il legale che difende il docente che ricorre contro il provvedime­nto disciplina­re tenta anche la carta dell’incompeten­za del dirigente: così i presidi devono presentare carte, precedenti e istanze per dimostrare che sono titolati a rappresent­are la scuola anche senza avvocato. «Non solo siamo senza tutela legale — spiega un preside — Ma dobbiamo persino subire l’onta di dover giustifica­re perché siamo in aula e perché». E guai a sbagliare una virgola: il confine tra l’essere un preside rigoroso, che applica legittimam­ente le regole, e l’essere un despota che fa mobbing talvolta può diventare molto sottile. Tutto in punta di diritto. Ma con una laurea in tutt’altro.

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