«Da soli in tribunale Gli avvocati siamo noi per le cause minori»
Quando un dirigente scolastico si trova a dover prendere provvedimenti disciplinari nei confronti di un insegnante, per assenze ingiustificate ripetute, ritardi o inadempienze, si trova costretto a cambiare mestiere per un giorno e a vestire metaforicamente la toga da avvocato: quasi ogni ente pubblico ha un suo ufficio legale o può contare sul supporto dell’avvocatura dello Stato; la scuola no. Così il preside va in Tribunale, da solo, a difendere il suo istituto. L’insegnante è difeso da un avvocato, spesso ha alle spalle anche il sostegno sindacale; il dirigente invece si deve improvvisare esperto di diritto. Quando le cause riguardano vertenze al di sotto dei 20 mila euro, l’avvocatura di Stato non interviene mai. Ma, confessano i presidi, spesso succede lo stesso anche quando la cifra supera quella soglia. Talvolta, il legale che difende il docente che ricorre contro il provvedimento disciplinare tenta anche la carta dell’incompetenza del dirigente: così i presidi devono presentare carte, precedenti e istanze per dimostrare che sono titolati a rappresentare la scuola anche senza avvocato. «Non solo siamo senza tutela legale — spiega un preside — Ma dobbiamo persino subire l’onta di dover giustificare perché siamo in aula e perché». E guai a sbagliare una virgola: il confine tra l’essere un preside rigoroso, che applica legittimamente le regole, e l’essere un despota che fa mobbing talvolta può diventare molto sottile. Tutto in punta di diritto. Ma con una laurea in tutt’altro.