ECCESSO DI TATTICA
Mancano pochi giorni alle primarie del Pd, per verificare lo stato di salute del partito e quello (politico, s’intende) di Matteo Renzi. L’ex sindaco di Firenze ha dimostrato una padronanza tattica notevole anche in questa fase di passaggio, giocando di rimessa su molte questioni, mandando avanti i suoi sodali e chiudendo poi le partite (basta pensare al problema dell’Iva, oppure a quello della Rai) con un proprio intervento pubblico. Renzi ha confermato una caratteristica che era apparsa sorprendente, in un giovane protagonista venuto dalla provincia fiorentina: una capacità non consueta di destreggiarsi, senza complessi di inferiorità, nella palude politica nazionale e soprattutto romana. In tanti, però, e da tempo, hanno sottolineato lo iato evidente fra le doti di tattico notevole che lo scout di Rignano dimostrava e la fragilità di una coerente visione strategica sui destini del Paese.
Paolo Armaroli, nel fondo sul Corriere Fiorentino di ieri, ha supposto un sogno di Renzi (assai probabile, diremmo): essere come il premier britannico e poter dichiarare, di fronte all’ingresso di Downing Street 10, la decisione di indire le elezioni hic et nunc. Purtroppo in Italia non si può fare. Renzi dovrebbe, però, capire la lezione di Theresa May: andare alle elezioni a giugno non è una mossa tattica, anzi è una decisione di lungo respiro, per avere condizioni di forza per un obiettivo strategico come la Brexit. L’Italia, proprio per le condizioni di incertezza in cui è piombata dopo il referendum, ha la necessità di vedere in campo visioni strategiche di politica economica e sociale, più che tatticismi tesi alla conservazione di posizioni di potere (e poi quali, verrebbe da pensare). Non si ha l’impressione che il congresso del Pd, né lo stesso Renzi siano abbastanza consapevoli di questa esigenza: basta pensare allo spazio lasciato a Grillo e ai suoi nei riguardi del mondo cattolico, cosa sorprendente per un leader che della propria fede ha sempre dato testimonianza. Pesa su questo difetto di proposta la stessa vicenda personale di Renzi, il modo octroyè in cui giunse alla guida del governo, per decisione dell’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano e non attraverso il voto (come si è visto, le Europee 2014 non risolsero il problema).
L’abilità tattica, la capacità di rischiare o anche di azzardare, riescono ad essere premiate per un certo periodo, poi, senza una strategia convincente (anche culturalmente), il rischio è l’impaludamento e la crescita di atteggiamenti irrazionali in un’opinione pubblica delusa da una politica che non sa uscire dal giorno per giorno.