Don Milani e i suoi ragazzi In un libro l’ultima ferita
Lo scrittore Walter Siti ha sollevato il dubbio sui rapporti tra il parroco di Barbiana e i suoi ragazzi Ma testimoni e protagonisti negano ogni ambiguità: «Ci insegnava a incontrare l’altro sesso. Altro che pedofilo»
Dopo essere stato, in vita, minacciato di sospensione a divinis dal cardinale Ermenegildo Florit e, appena morto, condannato in appello per aver difeso gli obiettori di coscienza, sembrava che, a cinquant’anni dalla morte, avvenuta il 26 giugno del 1967, un po’ tutti avessero fatto pace con don Milani.
A cominciare dalla Chiesa di papa Francesco che lo ha definito «un grande educatore italiano». E invece non è così. Don Milani continua a suscitare scandalo. La scrittrice Paola Mastrocola, a esempio, sul Sole 24 ore, ha recentemente accusato Lettera a una professoressa, un graffiante j’accuse contro il classismo scolastico, di aver sfasciato nientemeno che la scuola italiana.
E ora ecco uno scrittore dall’aria paciosa come Walter Siti, premio Strega con Resistere non serve a niente, scrivere un libro su un prete pedofilo, Bruciare tutto, edito da Rizzoli, e dedicarlo nientemeno che al priore di Barbiana. «All’ombra ferita e forte di don Lorenzo Milani». Sì, proprio a lui. Il grande educatore italiano evocato dal papa. Un quasi santo come lo venerano in molti cattolici e no. Un prete che, prima a San Donato di Calenzano e poi a Barbiana, in vent’anni di sacerdozio ha affrontato nelle sue opere temi cruciali del Novecento come la riforma religiosa, il classismo scolastico, il no alla guerra.
Quella dedica è parsa subito, appena uscito, un macigno pesante. E ambiguo. Ma davvero Siti si riferisce a don Milani? Giorni di sospetti, di silenzi, rotti solo dai rumori alterni dei social. Poi la risposta, finalmente. Ieri, pagine culturali di Repubblica. «Ho creduto che don Milani somigliasse al mio prete pedofilo», ha chiarito Siti intervistato da Dario Olivero.
Il muro dell’ambiguità è così caduto: sì, è don Milani il prete pedofilo di Siti. Che spiega: «Leggendo le sue lettere ho pensato che potesse essere attratto fisicamente dai ragazzi: ma se non è così la Don Lorenzo Milani nell’aula di Barbiana insieme ad alcuni dei suoi ragazzi mia dedica è fuori luogo».
Non siamo alle scuse, alla ritrattazione. Piuttosto a mezza mano nascosta mentre il macigno dell’accusa infamante contro don Milani cade sul capo incredulo e indignato dei suoi ex ragazzi, oggi uomini e donne adulte, che hanno superato i sessant’anni. A eccezione di Sandra Gesualdi, la figlia di Michele Gesualdi, uno degli allievi prediletti del priore, per la quale don Milani, racconta « è come un nonno». Il babbo Michele con il fratello Francuccio ha vissuto
Ma Siti ha conosciuto la nostra scuola? Cita alcune lettere ma il linguaggio di Lorenzo era colorito e a volte sboccato
in canonica per diversi anni. Quella del priore è stata la loro famiglia. Da mesi Michele è malato, fatica a parlare, ma ha scritto un libro molto fortunato, Don Milani. L’esilio a Barbiana. Che la figlia Sandra va in giro per l’Italia a presentare. Gira nei fine settimana per scuole, parrocchie, librerie e persino in seminario, ad Arezzo, dando la voce al babbo malato. «Quella di Siti è una bieca operazione commerciale», si indigna.
Siti si giustifica sostenendo di aver maturato la sua inter- pretazione in base ad alcune lettere di don Milani. Tipo questa: «E so che se un rischio corro per l’anima mia non è certo di aver poco amato, piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!)». O quest’altra lettera: «Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto».
Lettere note. Arcilette. Le quali hanno suggerito a Siti un’interpretazione mai da nessuno sospettata: quella del prete pedofilo: «Mi è parso che don Milani ammettesse di provare attrazione fisica per i ragazzi, e ho trovato eroica la sua capacità di tenersi tutto dentro il cuore e i nervi, senza mai scandalizzarne nessuno. La dedica è un modo per dichiarare la mia stima e la mia ammirazione profonda per lui», conclude nella sua intervista a Repubblica. Sarà.
Ma l’effetto della dedica e del libro hanno provocato nelle vite degli ex ragazzi del priore «come una ferita al cuore», spiega uno di loro, Silvano Salimbeni. «Sono incazzato nero, ma come si permette Siti di dare del pedofilo al nostro priore? È mai venuto a trovarci? Ha conosciuto la nostra scuola? Cita alcune lettere, ma il linguaggio di don Lorenzo era questo, provocatorio, a volte sboccato. Usava il linguaggio colorito per dar forza ai suoi ragionamenti».
Sega, culo, cazzo, merda erano parole usate tranquillamente dal priore. «Diceva che vanno usate quando servono, non una volta di più», ricorda un altro ex allievo, Nevio Santini. E Sandra Gesualdi aggiunge: «Don Milani aveva assorbito il linguaggio dei suoi montanari per cui per farsi intendere a volte usava le loro parole. La loro lingua. Estrapolare, come fa Siti, qualche frasetta dal suo contesto è un’opera scorretta. A parte il fatto che si tratta di lettere private, poi divenute pubbliche alla morte di don Milani. Il tono è confidenziale e paradossale». A Barbiana, conclude Santini, don Milani insegnava ai ragazzi l’educazione sessuale quando certi temi erano un tabù in famiglia e nella scuola pubblica. «Ce lo insegnava perché avessimo un rapporto corretto con l’altro sesso. Voleva che fossimo informati. E proprio sulla pedofilia ricordo che ci metteva in guardia da incontri e persone sbagliate. Altro che pedofilo…».