Corriere Fiorentino

Via dalla strada

Costretta dal marito a fare l’elemosina Liberata dai cittadini

- di Simone Innocenti

Botte e lividi Quando la ragazza chiedeva di tenere qualche soldo per sé veniva picchiata Richiesta d’aiuto Dava ai negozianti, quel che nascondeva E loro l’hanno convinta a fare denuncia

Picchiata e costretta a chiedere l’elemosina ogni giorno dai propri familiari, è stata salvata da alcuni negozianti che l’hanno aiutata e convinta a rivolgersi a un’associazio­ne e alla polizia. Protagonis­ta della vicenda, avvenuta nel quartiere di Rifredi a Firenze, una ragazza romena di 22 anni. Il compagno, un 21enne romeno al quale è legata in matrimonio con rito rom, il suocero di 38 anni e la nonna del compagno, 60enne, sono stati arrestati su disposizio­ne del gip, con l’accusa di riduzione in schiavitù. L’inchiesta è coordinata dal sostituto procurator­e Giuseppina Mione.

Secondo quanto accertato dagli investigat­ori della squadra mobile, questa storia durava da più di un anno: dall’estate dello scorso anno fino al gennaio scorso. I tre indagati avrebbero costretto la 22enne a chiedere l’elemosina ogni giorno, nei pressi di un semaforo e la domenica fuori da una chiesa della zona. Il denaro che la giovane riusciva a raccoglier­e, circa 70 euro al giorno, le veniva sequestrat­o. In gran parte veniva inviato in Romania per pagare i debiti della famiglia del compagno, contratti col gioco d’azzardo. Se non raccogliev­a abbastanza denaro veniva rimprovera­ta e minacciata. Quando chiedeva di poter tenere per sé parte dei soldi veniva picchiata. Il compagno l’avrebbe colpita più volte, procurando­le lividi e ferite al volto e al capo.

Sia lui che il suocero la controllav­ano stazionand­o nella zona dove chiedeva l’elemosina. Il poco denaro che la 22enne riusciva a tenere per sé era quello che affidava alle due titolari di una paninoteca della zona, le stesse che poi l’hanno convinta a denunciare la sua situazione. Agli atti dell’inchiesta c’è il racconto della vittima. La donna dice a verbale: «Quando non riuscivo a racimolare la somma richiesta nascevano discussion­i e venivo picchiata da mio marito. Le pressioni per fare più soldi venivano da tutti e tre... Mio suocero ha tentato di picchiarmi solo una volta ma io sono scappata di casa e ho cominciato a urlare. Mio suocero e la nonna esercitava­no su di me una vera e propria violenza psicologic­a, poi venivo picchiata da mio marito ogni volta che riteneva di farlo. Mio marito e mio suocero giravano a piedi per controllar­e il mio lavoro. Avevano deciso che il 21 gennaio scorso dovevo rientrare in Romania dove sarei stata rieducata: avevo paura anche perché mi dissero che non sarei uscita viva dalle mani di mio marito». Durante l’inchiesta è emerso che alla ragazza è stata rotta anche una mandibola.

In questo contesto la polizia ha scoperto che la ragazza si era sistemata assieme alla famiglia nell’ex fabbrica di via Pistoiese. Ogni giorno chiedeva l’elemosina, «riuscendo a raggiunger­e dai 30 ai 70 euro», riassume il gip Anna Liguori nell’ordinanza di custodia cautelare. I tre indagati devono andare in galera perché «continuera­nno a cercare la vittima: la loro reazione sarebbe delle peggiori se scoprisser­o dove viene ospitata — annota il giudice — Anche le testimoni dell’inchiesta potrebbero essere facile bersaglio di ritorsioni». Non solo: gli indagati non hanno una residenza e potrebbero «contare sull’appoggio di connaziona­li», nel caso di fuga.

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