CHI FA LE SPESE DEGLI EGOISMI
Afine marzo Valerio Vagnoli e Alessandro Artini hanno denunciato su questo giornale le condizioni difficili in cui operano i dirigenti scolastici. Ora sono passati ai fatti. Vagnoli ha scritto all’Associazione Nazionale Presidi per denunciare la «piena e desolante solitudine» della categoria. E Artini, presidente toscano dell’Anp, invita i colleghi a uno sciopero bianco, rifiutando i nuovi incarichi e dimettendosi dai ruoli non obbligatori. I presidi sono le migliori antenne per percepire il buono o cattivo funzionamento di una scuola. Se tra docenti, studenti e famiglie prevalgono le divergenze, niente funziona. «In Paesi come la Francia, la Germania, l’Inghilterra o il Canada», ricordava Vagnoli, «gli studenti vivono solitamente l’esperienza scolastica con responsabilità ed educazione». E Artini menzionava i poteri dei presidi di altri Paesi europei, rispetto ai quali quelli introdotti dalla Buona Scuola, che hanno fatto gridare al «preside sceriffo», sono risibili. Da noi i presidi hanno scarsi poteri, grandi oneri di lavoro e grandi responsabilità.
Il nostro «sistema scuola» è proprio malridotto? Non dappertutto. Il valore della scuola primaria italiana viene riconosciuto dall’Ocse, ma alle superiori tornano i problemi. Andreas Schleicher, direttore del Directorate of Education dell’Ocse, ha individuato tre elementi centrali per il buon funzionamento di un istituto: la formazione dei docenti, l’autonomia nell’insegnamento e la diffusione di forme di collaborazione. In Italia il sistema è molto sbilanciato sulla libertà d’insegnamento, mentre non sono adeguate la preparazione media dei docenti e soprattutto la capacità collaborativa, davvero scarsa. E i conflitti ricadono tutti sulle spalle dei presidi. Le loro richieste sono condivisibili: andrebbero liberati dalle carte inutili e messi in grado di gestire le scuole in forme collaborative e con maggiore potere decisionale. Ma tutti i protagonisti, docenti, alunni, famiglie, dovrebbero individuare un fine comune, che non può che essere l’istruzione e l’educazione di chi domani parteciperà alla comunità sociale. Questo è il punto dolente. Nella scuola, e nella società italiana, prevalgono gli interessi particolari e il fine comune rimane spesso una chimera. I presidi, più di altri, ne fanno le spese.