Pioli, occhiolino a Firenze
Per il mister nerazzurro è il «crocevia» dell’anno, tra Europa e mercato Sui viola dice: «Il mio pezzo di carriera più bello». Poi svicola: «Il futuro? Sarà una gara dura...»
Pioli non dice no. Tra imbarazzi e silenzi, l’attuale allenatore dell’Inter, anzi, ha fatto capire che a Firenze si sente legato per davvero: «Alla Fiorentina ho vissuto il mio pezzo di carriera più importante — ammette dalla Pinetina nerazzurra — Firenze è stato il posto dove ho giocato di più, con tante soddisfazioni e qualche grande delusione. Come la retrocessione in serie B».
Una carezza che nei giorni in cui impazza il toto allenatore, non sarà passata inosservata neppure a Casette d’Ete: «Il mio futuro alla Fiorentina? Sì, sarà proprio una partita difficile .... », ha aggiunto con un filo di voce. Un bel modo per fare orecchi da mercante e tentare di giocarsi le ultime chance milanesi. Restare all’Inter, con la super potenza Suning alle spalle e un parco giocatori già importantissimo, sarebbe ovviamente la sua prima scelta. Ma in caso di addio (non certo improbabile, visto che l’Inter vorrebbe ripartire con Simeone o addirittura Conte), tornare a Firenze, stavolta da allenatore, sarebbe qualcosa di più che una soluzione di ripiego.
Pioli arrivò in viola nel 1989 (aveva 24 anni) da Verona insieme a Beppe Iachini e Volpecina, come una sorta di «acconto» juventino per l’acquisto (ratificato l’anno successivo) di Roby Baggio. Parmense doc, difensore elegante e preciso e persona educata e mai sopra le righe, in viola partì benissimo. Ai fiorentini piaceva molto, anche perché Stefano all’epoca era considerato uno degli emergenti più forti del nostro calcio. L’allenatore Bruno Giorgi lo fece subito diventare un titolarissimo e nonostante gli stenti in campionato, la Fiorentina volava in coppa Uefa. «Quella coppa persa in finale nel 1990 è il mio più grande rimpianto», ha sempre raccontato lui. Anche perché in semifinale con il Weder Brema, la carriera di Pioli cambiò per sempre.
Il centrale viola si fece male al ginocchio: il grave infortunio lo costrinse a saltare le due finali contro la Juventus e a dire addio al sogno Mondiale (il ct Vicini lo avrebbe preconvocato per Italia ‘90). Pioli ci metterà quasi un anno prima di rientrare in campo, ma le prestazioni non saranno più dello stesso livello di quando, da baby juventino, veniva considerato un predestinato. Dopo il primo anno di Ranieri, a 30 anni e dopo 156 presenze viola (e un solo gol, segnato alla Cremonese), se ne andò per giocare nel Padova.
Ora però la storia viola potrebbe riprendere per davvero. Anche perché Corvino lo stima e i Della Valle avevano pensato a lui già prima dell’ingaggio di Sousa.
«La Fiorentina è una grande squadra — continua il mister nerazzurro pensando al presente — gioca bene e in casa ha già battuto Juventus e Roma e fermato Napoli e Milan. Per noi quello del Franchi sarà un crocevia per l’Europa: non possiamo sbagliare, l’Inter deve puntare alla qualificazione nelle coppe e a migliorare la sua classifica». Amarcord, affetti, esigenze di classifica e pressioni. C’è un po’ di tutto in questo strano incrocio del sabato sera al Franchi, nel quale l’ex viola cercherà di riscattare un mese tremendo nel quale ha racimolato appena due punti e dovuto digerire la beffa del gol al 97’ di Zapata nel derby pre-pasquale.
Candreva a destra, Joao Mario trequartista, Perisic a sinistra, più Icardi. Pioli se la giocherà così la sua notte Fiorentina, con il suo fidato 4-2-3-1 (guarda caso il modulo a cui sta pensando la Fiorentina per il futuro) e mentre Andrea Della Valle lo osserverà dalla tribuna. Impossibile però che dalle bocche viola possa uscire una frase ammiccante verso l’allenatore interista: Pioli infatti è sotto contratto fino al 2018 (guadagna quasi 2 milioni l’anno) e finché Suning non sceglierà l’uomo a cui affidare la sua panchina, la Fiorentina eviterà ogni azione di disturbo. Pioli comunque resta un candidato forte (con Di Francesco alternativa più credibile), che diventerebbe fortissimo nel caso di sconfitta domani sera a Firenze. Motivo in più per provare a batterlo. Il futuro, in fondo, passa anche dal presente.
Amarcord L’ex difensore arrivò nel 1989. La Uefa persa contro la Juve resta il suo rimpianto