IL COMPLESSO DEI «PIÙ BRAVI» (UN EQUIVOCO SULLA LEALTÀ)
I cortocircuiti nella politica italiana si sprecano: oggi i Cinque Stelle difendono la «libera informazione» e il direttore generale della Rai (e istigano a non pagare il canone, che però va in bolletta), mentre Renzi e il Pd hanno deciso di farlo saltare. Il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto è un altro leopoldino della prima ora colpito dalla sindrome del braccio destro, che coglie, invariabilmente, quelli che lavorano accanto all’ex presidente del Consiglio. Laddove si dimostra, peraltro, che è fallita l’ennesima, annunciata, rivoluzione della televisione di Stato, quasi una battaglia campale.
Spesso si fanno paragoni, anche impropri, fra Renzi e Berlusconi, ma se c’è una cosa che i due proprio non hanno in comune è il rapporto con i propri collaboratori e ministri. Berlusconi ha sempre difeso i suoi e anche quando erano da sostituire per loro era già pronta una ricollocazione (merito anche, naturalmente, di ingenti possibilità Twitter @davidallegranti economiche). L’ex segretario del Pd invece prima li manda avanti, ne crea una mitologia destinata a durare poco, poi li abbandona. In questi anni è capitato un sacco di volte, da Pippo Civati a Giorgio Gori, a Matteo Richetti. Alcuni poi vengono più o meno recuperati (è il caso di Giuliano da Empoli, ma anche di Richetti e Gori). Nel frattempo, però, il patrimonio di una classe dirigente viene disperso, indebolito.
Ai tempi di Firenze succedeva con gli assessori, prima in Provincia, poi al Comune. Nel corso degli anni lo schema si è ripetuto e adesso tocca a Campo Dall’Orto e Carlo Calenda, ministro dello sviluppo, un tempo incensato da Renzi, oggi finito nel mirino dei renziani. Calenda si dice d’accordo con il presidente L’ex premier Matteo Renzi dei senatori del Pd Luigi Zanda su una convergenza su alcuni punti con il centrodestra per battere il Movimento cinque stelle? Si faccia i fatti suoi, «non è del Pd». Dice di essere d’accordo al 90 per cento con Renzi? «Basta con gli attacchi a Renzi». Dice di non avere ambizioni da premier? «Bugiardo».
«L’errore più grave di qualunque politico, anche e soprattutto quando si nega di esserlo — dice, molto duro, Andrea Romano, livornese, che peraltro viene dallo stesso partito di Calenda, Scelta Civica — è credere alla propria propaganda. Comprendo l’ambizione di Calenda, che nel momento di difficoltà del Pd dopo il referendum del 4 dicembre ha forse immaginato di essere il punto di equilibrio tra destra e sinistra, ma il tempo dell’equidistanza è finito da un pezzo e appartiene ad una stagione politica sepolta dagli eventi di questi anni». Ed è qui che capisci dove nasce l’arrabbiatura renziana.
Dopo il 4 dicembre, Calenda, già viceministro al ministero dello Sviluppo economico nel governo Renzi, poi diventato per qualche mese ambasciatore dell’Italia a Bruxelles, poi nominato ministro nel governo Gentiloni, si era prodotto in sortite da aspirante statista che — come al solito — non sono piaciute a Renzi. Il quale invece ha sempre fatto un vanto, pubblicamente, di volersi circondare di persone competenti più che in linea con il suo pensiero. «Nel mio Pd andranno avanti i più bravi non i più fedeli, dichiarerò guerra alla mediocrità», ha ripetuto per anni. Citofonare Luigi Zingales e Roberto Perotti, che se ne sono andati via dall’Eni e da Palazzo Chigi dopo aver capito che non avrebbero potuto svolgere il compito per cui erano stati chiamati.
C’è un piccolo problema con «i più bravi»: possono anche rompere le scatole. Se sono considerati bravi è perché hanno fatto qualcosa per essere stimati, magari non devono neanche la loro carriera alla politica, visto che peraltro in questi casi stiamo parlando di tecnici; quindi sono autonomi, a differenza di altri che vivono di luce riflessa. Il problema è che però viene scambiata la lealtà a un progetto politico (inevitabile, qualcuno che prenda le decisioni finali è fondamentale) con, appunto, la fedeltà. Eppure, come si legge nel Discorso agli Ateniesi di Pericle riportato da Tucidide «per quanto riguarda le leggi per dirimere le controversie private, è presente per tutti lo stesso trattamento; per quanto poi riguarda la dignità, ciascuno viene preferito per le cariche pubbliche a seconda del campo in cui sia stimato, non tanto per appartenenza a un ceto sociale, quanto per valore». È il valore delle persone ad assegnare loro le responsabilità pubbliche. Altrimenti anche il Pd può mettere in piedi delle ottime primarie online. Magari su Bob.
Stavolta è Campo Dall’Orto, dg Rai, a essere colpito dalla sindrome del braccio destro Il problema è che quelli bravi possono anche rompere le scatole E si scambia la fedeltà a un progetto per altro
Il ministro Carlo Calenda