Corriere Fiorentino

Plastica e stracci da Prato a Hong Kong Colpo al patto mafia cinese-camorra

Denunciate 98 persone e 61 società in tre regioni per associazio­ne a delinquere transnazio­nale

- Giorgio Bernardini

L’affare era convenient­e per tutti. In Cina mancano le materie prime, mentre in Italia c’è abbondanza di plastica, che però andrebbe smaltita dalle aziende a costi molto elevati. Così, i clan mafiosi della Repubblica popolare e quelli nostrani della Camorra hanno trovato un terreno fertile di guadagno, che vedeva andare in scena gran parte dei suoi affari attorno alla città di Prato.

Il business milionario è stato scoperto dal nucleo investigat­ivo del Corpo forestale — oggi carabinier­i forestali — per delega della direzione distrettua­le antimafia di Firenze. La conclusion­e delle indagini certifica il meccanismo di un sistema che nelle ipotesi dei magistrati coinvolgev­a 61 società (gran parte delle quali fittizie, con sede a Prato, Montemurlo, in Veneto e in Campania) e 98 persone: tutti sono stati denunciati per «associazio­ne a delinquere di tipo transnazio­nale dedita alla commission­e di più delitti di attività organizzat­e per il traffico illecito di ingenti quantitati­vi di rifiuti plastici».

Secondo gli investigat­ori l’inganno consisteva nel raccoglier­e le materie plastiche che in Italia vanno smaltite e poi venderle in Cina con la classifica­zione di «mps» (materia prima seconda, ovvero «non rifiuto», ndr): per l’azienda italiana si verificava così il guadagno della vendita — e non l’onere dello smaltiment­o — mentre per i cinesi si concretizz­ava l’acquisto della plastica riutilizza­ta come nuova, ma pagata ovviamente molto meno di una materia prima. Spesso poi quella plastica viene utilizzata per realizzare giocattoli che poi rientrano in Italia. Il capo dell’organizzaz­ione era Bao Zhengwu, un cinese che viveva stabilment­e a Prato, noto in città con il nome di «Massimo» e indagato, fra gli altri reati, come promotore dell’associazio­ne a delinquere transnazio­nale. Era lui a intrattene­re i rapporti con Benson Chang, collegato alla società «Shanghai Juzu Corporatio­n developmen­t co. ltd», che riceveva le spedizioni a Hong Kong.

Lo smaltiment­o e la vendita di materiali che sono considerat­i rifiuti speciali è da decenni un affare caro alla camorra, che nella provincia di Prato ha gestito a lungo il business dei cosiddetti «stracci», ovvero gli abiti ed i tessuti usati. Anche in questo caso oltre alla plastica vengono menzionate nell’indagine dei carabinier­i alcune partite «di stracci»: a un solo gruppo di indagati vengono addebitate 265 spedizioni di indumenti usati per un totale di 6.163 tonnellate e un giro d’affari di quasi cinque milioni di euro.

Per la plastica si parla di centinaia di carichi, con una media di un paio di spedizioni a settimana. Centinaia di container sono partiti dal 2009 in poi da diversi porti italiani con le navi. I porti principali erano Livorno, Genova e Venezia e La Spezia. Lo spedizioni­ere era la «Arcobaleno srl» di proprietà di Alberto Gherardini: l’azienda ha la sede legale a Bibbiena e il suo magazzino a Prato.

Quest’ultimo invece era di proprietà della società «New Trade», dei fratelli Franco e Nicola Cozzolino, un cognome ben noto nella storia della criminalit­à camorristi­ca in Toscana: l’omicidio di Ciro Cozzolino, attivo nel traffico abusivo di «stracci» e ucciso nel 1999 a Montemurlo, viene ricordato come la prima esecuzione di mafia in questa regione.

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I rifiuti finiti sotto sequestro durante l’inchiesta dell’Antimafia

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