Plastica e stracci da Prato a Hong Kong Colpo al patto mafia cinese-camorra
Denunciate 98 persone e 61 società in tre regioni per associazione a delinquere transnazionale
L’affare era conveniente per tutti. In Cina mancano le materie prime, mentre in Italia c’è abbondanza di plastica, che però andrebbe smaltita dalle aziende a costi molto elevati. Così, i clan mafiosi della Repubblica popolare e quelli nostrani della Camorra hanno trovato un terreno fertile di guadagno, che vedeva andare in scena gran parte dei suoi affari attorno alla città di Prato.
Il business milionario è stato scoperto dal nucleo investigativo del Corpo forestale — oggi carabinieri forestali — per delega della direzione distrettuale antimafia di Firenze. La conclusione delle indagini certifica il meccanismo di un sistema che nelle ipotesi dei magistrati coinvolgeva 61 società (gran parte delle quali fittizie, con sede a Prato, Montemurlo, in Veneto e in Campania) e 98 persone: tutti sono stati denunciati per «associazione a delinquere di tipo transnazionale dedita alla commissione di più delitti di attività organizzate per il traffico illecito di ingenti quantitativi di rifiuti plastici».
Secondo gli investigatori l’inganno consisteva nel raccogliere le materie plastiche che in Italia vanno smaltite e poi venderle in Cina con la classificazione di «mps» (materia prima seconda, ovvero «non rifiuto», ndr): per l’azienda italiana si verificava così il guadagno della vendita — e non l’onere dello smaltimento — mentre per i cinesi si concretizzava l’acquisto della plastica riutilizzata come nuova, ma pagata ovviamente molto meno di una materia prima. Spesso poi quella plastica viene utilizzata per realizzare giocattoli che poi rientrano in Italia. Il capo dell’organizzazione era Bao Zhengwu, un cinese che viveva stabilmente a Prato, noto in città con il nome di «Massimo» e indagato, fra gli altri reati, come promotore dell’associazione a delinquere transnazionale. Era lui a intrattenere i rapporti con Benson Chang, collegato alla società «Shanghai Juzu Corporation development co. ltd», che riceveva le spedizioni a Hong Kong.
Lo smaltimento e la vendita di materiali che sono considerati rifiuti speciali è da decenni un affare caro alla camorra, che nella provincia di Prato ha gestito a lungo il business dei cosiddetti «stracci», ovvero gli abiti ed i tessuti usati. Anche in questo caso oltre alla plastica vengono menzionate nell’indagine dei carabinieri alcune partite «di stracci»: a un solo gruppo di indagati vengono addebitate 265 spedizioni di indumenti usati per un totale di 6.163 tonnellate e un giro d’affari di quasi cinque milioni di euro.
Per la plastica si parla di centinaia di carichi, con una media di un paio di spedizioni a settimana. Centinaia di container sono partiti dal 2009 in poi da diversi porti italiani con le navi. I porti principali erano Livorno, Genova e Venezia e La Spezia. Lo spedizioniere era la «Arcobaleno srl» di proprietà di Alberto Gherardini: l’azienda ha la sede legale a Bibbiena e il suo magazzino a Prato.
Quest’ultimo invece era di proprietà della società «New Trade», dei fratelli Franco e Nicola Cozzolino, un cognome ben noto nella storia della criminalità camorristica in Toscana: l’omicidio di Ciro Cozzolino, attivo nel traffico abusivo di «stracci» e ucciso nel 1999 a Montemurlo, viene ricordato come la prima esecuzione di mafia in questa regione.