TANTI CAPI, IN CERCA DI POPOLO
Le elezioni presidenziali francesi stanno producendo effetti tragicomici in casa nostra. C’è Matteo Salvini che bercia «Forza Le Pen!» e Matteo Renzi che pensa d’essere Emmanuel Macron, l’outsider europeista, l’ultimo papa straniero cui il Pd s’aggrappa nella speranza di rivitalizzarsi, dopo la cenciata del 4 dicembre. Domenica ci sono le primarie per eleggere il nuovo segretario dei Democratici (traduci: per riportare Renzi alla guida del partito) e non sarebbe una prestazione eccellente, diciamo, se l’ex sindaco di Firenze stravincesse con una bassa partecipazione. Poi c’è la sinistra-sinistra in piena sindrome di Parigi, ben ispirata da JeanLuc Mélenchon, che con il suo 19 e passa per cento viene tirato per la giacchetta dagli epigoni italiani muniti di baffo. La sinistra italiana sogna un orizzonte quadripolare, simile a quello francese. Il problema però è che D’Alema, Bersani ed Enrico Rossi pagherebbero volentieri per avere le percentuali mélenchoniane.
La sinistra è storicamente affezionata al frazionismo, una malattia che le impedisce di mantenersi intatta. Resta ancora da capire come possano stare insieme tutti questi generali a capo di un popolo la cui consistenza elettorale non è ancora chiara. Rossi, Speranza, Bersani, ora anche Giuliano Pisapia, che piano piano si sta arrendendo all’idea di non potersi alleare con il Pd e quindi ha capito che la cosa migliore sarebbe costruire una federazione, una super lista, di sinistra. L’ex sindaco di Milano su Repubblica ha lanciato un «ultimo appello» all’ex segretario del Pd: «A Matteo Renzi resta meno di un mese per dare un segnale chiaro: cambiare la legge elettorale e costruire una coalizione. Altrimenti il centrosinistra andrà incontro a una sconfitta che definirei generazionale». Renzi gli ha risposto indirettamente picche, dicendo che domenica 30 aprile non si vota solo il segretario del Pd ma anche il candidato premier. Addio, insomma: a Renzi non interessa un confronto con Campo Progressista, men che meno con gli altri della sinistra-sinistra, compresi gli scissionisti che per lui sono «traditori». Una sinistra-sinistra che ha un serio problema di leadership, vista l’abbondanza di aspiranti capi. Ma se alla fine lo strappo di Bersani & soci si rivelasse solo una scissione di élite, come sembrano suggerire i primi sondaggi fatti anche in Toscana, una delle loro possibili roccaforti, che cosa resterebbe della sinistra che da sempre sogna la rivoluzione ma non riesce neanche a cambiare se stessa? Solo testimonianza. Bel colpo, davvero.